Stabilito che ci fu 'colpa grave' nell'inerzia dei magistrati

Il tribunale di Messina ha condannato i magistrati che dieci anni fa non intervennero per bloccare il marito violento di una donna poi da lui assassinata. La vittima, Marianna Manduca, presentò dodici denunce contro il marito in poco meno di un anno e mezzo, ma le sue disperate richieste di protezione rimasero inascoltate fino al 2007, quando venne uccisa in strada, presa a coltellate dal marito a Palagonia (Catania).
I giudici hanno stabilito che ci fu 'colpa grave' nell'inerzia dei giudici che, nonostante i ripetuti segnali di violenza da parte del marito e le denunce della moglie non trovarono il modo di fermarlo.

Per questo la Presidenza del Consiglio dei ministri sarà tenuta al pagamento di un risarcimento dei danni subiti dai tre figli della donna uccisa.
E' una sentenza rivoluzionaria, spiega l'avvocato Alfredo Galasso, legale del padre adottivo dei tre ragazzi insieme all'avvocato Licia D'Amico: "Sono estremamente rare le condanne dei magistrati al risarcimento del danno prodotto da loro errori".

Saverio Nolfo, questo il nome dell'omicida tutt'ora in carcere, aveva minacciato più volte la moglie. Lei, all'epoca con tre figli piccoli, il minore di soli 2 anni, si era rivolta alle forze dell'ordine: più volte aveva sporto denuncia nella speranza che qualcuno fermasse quell'uomo dal quale lei cercava disperatamente di fuggire: "Mi ucciderà, aiutatemi", aveva chiesto ai magistrati. Le minacce erano diventate sempre più violente fino a quando, nel settembre del 2007, Nolfo le si era presentato davanti, armato di coltello, gridandole in faccia che con quello l'avrebbe uccisa. Lei si era precipitata di nuovo a denunciare, ma ancora una volta nessuno era intervenuto: due settimane dopo quell'ultima denuncia, il 3 ottobre del 2007, l'uomo l'aveva uccisa in strada con sei coltellate.

La sera dell'omicidio un giovane cugino della vittima, Carmelo Calì, residente a Sinigallia, era andato a prendere i tre bambini rimasti orfani, di cui in seguito ha ottenuto l'affidamento e l'adozione. L'uomo, che ha avuto poi altri 3 figli, non si è arreso e ha voluto chiedere conto dell'inerzia dei magistrati. "Ci siamo chiesti: come è possibile chiedere alle donne di denunciare e di non subire in silenzio, se poi dalle autorità non arriva risposta?", racconta l'avvocato Licia D'Amico, legale della famiglia. L'iter legale è stato lungo e "solo nel 2014 la Corte di Cassazione ha stabilito che la domanda di risarcimento nei confronti dei pm che si occuparono del caso era ammissibile", spiega l'avvocato. Ai tre figli di Marianna Manduca, che oggi hanno 12, 13 e 14 anni, il tribunale ha riconosciuto il danno patrimoniale – la madre lavorava e il suo supporto economico è venuto loro a mancare – ma non i danni morali.
 

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