Cene in locali vip e serate in compagnia di giovani donne. Così, secondo gli inquirenti, Stefano Ricucci e il suo braccio destro Liberato Loconte, ricompensavano il giudice della Commissione tributaria Nicola Russo in vista della sentenza a loro favorevole. Era sempre Loconte a pagare le serate il cui conto superava spesso i mille euro, con una carta di credito intestata a un suo collaboratore. E proprio l'intestatario della carta di credito delle cene, racconta agli inquirenti di aver, in più occasioni, raggiunto il giudice Russo per recapitargli buste chiuse mandategli da Loconte dal contenuto misterioso.
I tre sono accusati di corruzione in atti giudiziari in concorso nell'indagine condotta dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza con il coordinamento della Procura di Roma. Secondo il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini, responsabile del procedimento, esisteva un accordo tra i tre indagati, legato all'emissione della sentenza 'pilotata' nell'ambito di un contenzioso tributario da oltre venti milioni tra la Magiste Real Estate Property, di Ricucci e l'Agenzia delle Entrate.
Loconte divenne socio amministratore della società che inglobò il credito ottenuto dalla sentenza favorevole del giudice Russo. Sentiti nella prima fase dell'inchiesta, gli indagati hanno negato di aver condiviso cene e serate. Ma a contraddirli ci sono i selfie nei locali e i messaggi con i quali si accordavano, emersi dall'analisi dei cellulari.