Il miglior attore a Cannes, insieme alle colleghe Trinca e Filippi, in supporto delle femministe a rischio sfratto dal Comune capitolino

"Il malinteso di fondo è che dove qualcuno pensa di avere un credito, in realtà ha un debito profondo". È un concetto, semplice e coinciso, quello con cui Jasmine Trinca difende la Casa internazionale delle donne e il suo ruolo nella Capitale. "Il lavoro culturale e sociale che si fa qui non ha prezzo. Bisogna uscire dalla logica di mercato".

Se la storica sede delle associazioni femministe romane rischia lo sfratto dallo stabile del Buon Pastore perché il Comune di Roma rivendica un debito di 833mila euro di affitto, le attiviste rispondo con manifestazioni ed eventi per difendere il loro progetto. E non solo. "Questa amministrazione sta perseguitando tutte le realtà che a Roma gestiscono spazi autogestiti di cultura e autonomia creativa", attacca Francesca Koch, la presidente della Casa. A cui fa eco Loretta Bondì: "Si tratta di ingegneria sociale dall’alto contro le donne, i disabili, le periferie".

La sala in via della Lungara dove si tiene la conferenza stampa La Casa apre le porte, il Campidoglio le Chiude è gremita. E Trinca non è l’unico volto noto. C’è Camilla Filippi, che come lei fa parte di Dissenso Comune, il manifesto delle donne del cinema e dello spettacolo italiano nato dopo lo scandalo Weinstein, e anche Marcello Fonte, premiato a Cannes come migliore attore per la sua interpretazione in Dogman di Matteo Garrone e cresciuto in realtà come il Cinema Palazzo di San Lorenzo o il Teatro Valle Occupato. "Mi porto dietro – racconta Fonte – tutto quello che ho appreso durante queste esperienze. Uno spazio vuoto non serve a nessuno. Gli spazi vanno mantenuti e difesi, anche perché altrimenti dove dobbiamo anna’? Attaccate chi fa le cose brutte, non i posti come questo che fanno quelle belle. Se ci portano via questi luoghi ce li terremo stretti, ci chiuderemo dentro".

La Casa, che il governatore del Lazio Nicola Zingaretti vuole dichiarare sito di notevole interesse pubblico, continua la sua lotta per rivendicare un progetto – e una struttura – unico nel suo genere, in cui non si guarda alla rendita monetaria. "Questo – precisa Koch – non è un luogo di signore snob: è aperto e vissuto da 30mila donne che trovano aiuto medico e legale, azione politica e arricchimento culturale. Qui si fa servizio pubblico".

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