La sociologa analizza per LaPresse il fenomeno sottolineato dall'Istat. "Questione demografica, ma precariato, crisi economica e servizi sociali disastrosi incidono molto"
"E' una questione demografica, culturale e politica". In sostanza, a pesare sul netto e allarmante calo di nascite in Italia sono sicuramente la crisi, il lavoro precario ma anche e soprattutto i servizi pubblici scarsi, dettati da miopi scelte politiche. A commentare i dati dell'Istat, con LaPresse, è la sociologa Chiara Saraceno che analizza la situazione partendo dall'origine. "Il calo di natalità – argomenta – deriva dalla composizione demografica: scelte, costrizioni, ma pure l'istruzione femminile ha portato a questo".
L'emancipazione delle donne, però, non è andata di pari passo ai servizi e alla parità in casa. "L'aumento dell'occupazione femminile – è il ragionamento della professoressa – ha seguito una velocità diversa rispetto alla nascita, per esempio, degli asili nido e della divisione del lavoro familiare". C'è poi un altro elemento, tipicamente italiano: "Il lento ingresso dei giovani nel lavoro ha rallentato il raggiungimento dello status di adulti. A trent'anni in Italia non si è autonomi".
Gli uomini e le donne italiane sono tra i più tardivi in Europa a diventare genitori e, quando lo diventano, più dei loro coetanei in altri Paesi dipendono dall'aiuto dei propri genitori sia per accedere ad una abitazione, sia per accudire i figli. C'è un altro dato da analizzare: "Per le donne ritardare l'età della fecondità presenta maggiori rischi rispetto agli uomini", perché si sposta in avanti l'età feconda slitta anche la risoluzione di un eventuale ostacolo alla maternità.
In ultimo, un elemento che forse è davvero il fulcro di una possibile rivoluzione: le politiche sociali, che in Italia sono "sconsiderate". "Abbiamo un governo molto maschilista – tuona Saraceno – non solo non c'è nessuna innovazione positiva, ma siamo tornati al bonus bebè e alla terra per il terzo figlio".
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