LaPresse e upday presentano cinque domande per la settimana dal 25 febbraio al 3 marzo
Brexit, ore decisive. Si andrà al rinvio o al "no deal", o salterà tutto? – Sono ore decisive per la Brexit. La situazione, a grandi linee, è la seguente. Il primo progetto di "Brexit" negoziato con la Ue dal governo di Theresa May è stato respinto dalla Camera dei Comuni. Al "no" dei laburisti si sono uniti molti conservatori soprattutto sul punto del cosiddetto "backstop", ossia il meccanismo per tenere aperto il confine tra Irlanda del Nord (Gb) e Irlanda (Eire, stato sovrano che fa parte della Ue). I "nobrexit" temono che attraverso questa porta, di fatto, l'unità doganale rimanga e tolga valore alla "Brexit". Ma dopo la bocciatura del 15 gennaio scorso, è successo di tutto. May ha tentato di riaprire la trattativa con la Ue. Ma l'Unione le ha risposto picche dicendosi disposta, al massimo, a dare più tempo alla Gran Bretagna. In campo laburista (il leader Jeremy Corbyn si è detto contrario a un nuovo referendum) c'è stata addirittura una scissione di otto deputati che chiedono il referendum e sono contrari alla politica di Corbyn. E sabato è arrivata la notizia che tre ministri conservatori di Theresa May (Amber Rudd, Greg Clark e David Gauke) da sempre contrari alla "Brexit", stanno per dimettersi e, insieme a altri parlamentari, potrebbero votare a favore della mozione che prevede un rinvio dell'uscita dall'Europa Unita se un nuovo accordo con la Ue non verrà raggiunto entro mercoledì 27 febbraio. Se questa mozione (presentata dai laburisti) venisse approvata, la data del 29 marzo per la Brexit, salterebbe definitivamente. A quel punto, tutti i giochi si riaprirebbero, compresa la strada di un nuovo referendum. Corbyn, come si diceva, è sempre stato contrario, ma secondo alcuni si starebbe ricredendo. E potrebbe essere proprio il labour a chiedere di sottoporre a referendum un eventuale nuovo accordo. Sulla scheda, in questo caso, l'alternativa sarebbe di restare nella Ue. E questa volta, probabilmente, vincerebbe "stay".
Dopo Fitch conti italiani sotto esame. Arriverà l'aumento dell'Iva? – Fitch ci ha dato un BBB con outlook negativo. Poteva andar peggio e, infatti, Conte e i ministri hanno gioito. Ma la questione del debito pubblico italiano e della necessità di avviare una manovra correttiva perché i conti rischiano di non tornare, è sotto gli occhi di tutti, Già in settimana arriverà il "country report" della Commissione Ie. Facile prevedere che non sarà positivo. Il 2018 si è chiuso peggio del previsto e la famosa crescita che avrebbe reso il 2019 "un anno bellissimo" non si è ancora vista e difficilmente arriverà. Poi, nei prossimi mesi, arriveranno i giudizi di Moody's e di Standard&Poor's che potrebbero avicinarci pericolosamente al livello "spazzatura", quando, cioé, i tuoi titoli vengono "rifiutati" da tutti gli automatismi che comprano e vendono per i grandi investitori seri e solo gli "speculatori" trovano il coraggio di incamerarli. Dice che il governo ha un obiettivo di fondo: evitare aumenti di tasse prima delle prossime elezioni europee di maggio (dal 23 al 26 a seconda dei Paesi) perché "poi tutto cambierà". Il rischio, però, è che non cambi granché e che la prossima commissione continuerà a chiederci conto dei nostri conti. E' quindi possibile che, oltre alla manovra correttiva di cui già si è parlato molto nei giorni scorsi, venga addirittura in parte anticipato l'aumento dell'Iva, quello previsto dalle "clausole di salvaguardia" che rischia di scattare nel 2020 se il governo non troverà i 24 miliardi necessari a sterilizzarlo. Si dice che al Mef stanno già cercando un aumento "soft" dell'Iva (ossia limitato ai prodotti come gli alimentari che, adesso, hanno l'Iva più bassa) per evitare che tutte le aliquote Iva salgano al 25,2%.
Riuscirà il governo gialloverde a mantenere l'unità dopo il voto in Sardegna? – Comunque vada a finire in Sardegna dal punto di vista della vittoria finale, un dato è certo: il centrodestra a trazione leghista andrà molto meglio del M5S ribaltando (come in Abruzzo) il risultato delle politiche del 5 marzo. A marzo, infatti, in Sardegna, il M5S raggiunse il 42% contro il 31% del centrodestra. Questa volta, stando alle previsioni, le posizioni si invertirebbero con il centrodestra sopra il 35 e verso il 40 e il movimento di Luigi Di Maio addirittura sotto il 20%. Quanto al centrosinistra, che ha un candidato governatore molto forte nella persona del sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, se la batterà con il candidato di centrodestra Christian Solinas e la coalizione, vincente o perdente, dovrebbe arrivare (come è accaduto in Abruzzo) sopra il 30%. Chiusa quest'altra tornata elettorale, avremo quasi certamente la conferma che questo non è un governo "gialloverde" ma sempre di più un governo "verdegiallo" con i sondaggi nazionali che confermano e danno il Movimento addirittura intorno al 21%. E questo scenario "numerico" farà da sfondo a una serie di questioni politiche tutt'altro che unificanti: la Tav, prima di tutto (ne parliamo subito dopo), le autonomie regionali, ma anche il decretone con dentro Reddito di cittadinanza e Quota 100 e altre questioni più piccole ma sempre in grado di generare incidenti: dalla Tap, alla cannabis, alla legittima difesa, alla grande questione dei migranti. L'M5S sperava di essersi costruito un piccolo credito con il voto favorevole all'immunità per Salvini, ma il risultato sardo confermerà alla Lega di essere molto più forte nel Paese e porrà i 5S di fronte a un serio problema di identità, di rappresentanza e, perfino (che per un movimento è quasi il colmo) della scelta di una qualche forma partitica che permetta un aggancio alla realtà dei territori. Sullo sfondo si assiste addirittura al padre del movimento, Beppe Grillo quasi costretto (dalla sua stessa e irrefrenabile vis comica) a prendere causticamente in giro i suoi "nipotini".
Tav, come andrà a finire? – Fra le questioni che creano tensione nel governo, c'è certamente la Tav. Nei giorni scorsi,la maggioranza si è apparentemente compattata votando una mozione che impegna il governo a rivedere l'intero progetto dell'alta velocità Torino-Lione. Il governatore del Piemonte Chiamparino ha commentato: "E' la pietra tombale sulla Tav". Ma il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, l'ha spiegata in un altro modo: "Si sta dando a questa mozione una valenza che non ha. La mozione – spiega Molinari – è stata scritta per tenere insieme la maggioranza su un tema divisivo e su una provocazione delle opposizioni, che fanno il loro mestiere e che hanno presentato delle mozioni proprio su questo tema. La mozione però non aggiunge e non toglie niente alla situazione attuale". Una spiegazione che ha il pregio di una certa sincerità e che, tradotta, vuol dire: "Noi della Lega restiamo convinti dell'idea che la Tav vada fatta, ma non potevamo certo votare le mozioni dell'opposizione, il governo sarebbe caduto. Quindi abbiamo trovato questa soluzione di attesa che non vuol dire niente, tranne il fatto che la questione va riesaminata". Vero, ma il problema è che, ormai, c'è poco tempo per riesaminarla. La famosa analisi costi-benefici ha convinto solo chi era già convinto che la Tav non andava fatta. Ma in Europa non hanno più intenzione di dare altri mesi ai contorcimenti italiani. La minaccia, da Bruxelles, è stata esplicita "Decidetevi, o i contributi li dirottiamo da altre parti e vi chiediamo indietro quanto già versato". Quindi? A proposito delle questioni di cui alla domanda precedente, la questione Tav è una delle più complicate ed è anche quella in cui è più difficile che uno dei due alleati ceda. La perdita di faccia sarebbe clamorosa.
Champions League, due settimane per pensare all'Atletico. Ce la farà la Juve? – Tra due settimane, il 12 marzo, la Juventus apre l'Allianz Stadium per ospitare l'Atletico Madrid e provare a ribaltare una situazione che, per tanti aspetti sembra molto complessa anche se non disperata. Nella storia della Champions ci sono rimonte partendo da 4 gol sotto (è successo quattro volte, l'ultima quella del Barcellona contro il Psg). La Roma ne ha rimontati tre al Barcellona e alla stessa Juventus stava riuscendo l'impresa l'anno scorso al Bernabeu contro il Real Madrid. Numericamente, quindi, l'impresa è fattibile anche se, sempre a proposito di numeri, l'Atletico non è mai stato eliminato in Europa dopo aver vinto in casa con due reti di scarto. Come sempre è tutta una questione di testa. L'Atletico si è dimostrata squadra tostissima capace di guardare al sodo per tutti i 90' e anche oltre. Il gestaccio di Simeone significa proprio questo: "Noi abbiamo i colleones…". Niente da dire. Ce l'hanno. In queste due settimane i bianconeri dovranno cercare in se stessi la forza er la concentrazione per fare l'impresa e Allegri dovrà tirargliele fuori e far capire a tutti che si tratta, prima di tutto, di esserne convinti. L'altra cosa da fare sarà instillare nella testa dei giocatori spagnoli il dubbio. E si potrà farlo solo aggredendoli fin dal primo minuto. Poi, però, tocca ai leader della squadra. Prima di tutto a Cristiano Ronaldo che è stato acquistato con il preciso obiettivo di arrivare in finale di Champions e, questa volta, portare a casa la coppa con le orecchie. Uscire agli ottavi, per CR7 sarebbe un'onta e il fallimento di una stagione: il campionato, la Juve, sono sette anni che lo vince anche senza di lui. Il suo obiettivo è quell'altro. E in questo gli altri, da Dybala a Pjanic, da Mandzukic a Alex Sandro a Matuidi (tutti, più o meno, assenti ingiustificati a Madrid) dovranno aiutarlo.
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