L'intervista al segretario generale Uilm

L’Ilva è un capitolo tutt’altro che chiuso positivamente, perché i sindacati non accetteranno un ‘pacco’ senza garanzie. E se anche su Whirlpool è ancora buio pesto sulla salvezza dei lavoratori, il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli non sfugge alla bocciatura: “E’ troppo spesso un uomo solo, il governo non sembra in grado di essere risolutivo”. La pandemia ha accelerato con forza le crisi industriali in Italia e Rocco Palombella, segretario generale Uilm dal 2010, osserva con preoccupazione le dinamiche italiane, che vedono in prima fila il capitolo Taranto. Nonostante la rassicurazioni dell’esecutivo sull’accordo con Arcelor Mittal, le sigle metalmeccaniche chiedono chiarezza sul piano industriale e un incontro al Mise.

“Noi vogliamo sapere lo stato della trattativa sull’Ilva e su quali basi si fa. Finora abbiamo solo avuto rassicurazioni generiche, senza vedere il progetto. Il rischio è che lo Stato ci rimetta dei soldi e non cambi nulla”, spiega a LaPresse il sindacalista pugliese.

Segretario Palombella, cosa succederà con Arcelor Mittal?

Finora non abbiamo ricevuto nessun tipo di chiarimento formale, dal Mise ci hanno detto solo che entro la fine di novembre ci sarà l’accordo tra Mittal e Invitalia. Noi abbiamo la certezza dell’accordo del settembre 2018, non accetteremo suberi. Non siamo disponibili ad accettare un prendere o lasciare, si parla del destino di migliaia di lavoratori. Abbiamo chiesto un altro incontro e indetto due ore di sciopero nel Gruppo mercoledì 25, siamo preoccupati per piano di investimenti e riconversione green.

Il governo ha assicurato che lo Stato ci sarà con una quota di maggioranza…

La garanzia dello Stato all’interno della nuova società a me non tranquillizza, sapendo che dal 2012 ad oggi gli stabilimenti sono stati gestiti dallo Stato. In 8 anni la produzione si è ridotta di oltre la metà, gli operai sono scesi da 14mila a 10.700: complessivamente non possiamo essere tranquilli. Non hanno individuato partner industriali italiani: il rischio è che lo Stato ci rimetterà dei soldi e la situazione non cambierà, abbiamo paura di ricevere un pacco, senza sapere cosa c’è dentro.

Spostandoci sul dossier Whirlpool ci sarebbero degli interlocutori seri in arrivo.

Dalla chiusura del 31 ottobre non c’è stato nessun incontro formale o informale con Patuanelli. Si parla di eventuali proposte sbandierate, ma quando c’è una situazione così delicata non si può giocare con dichiarazioni che lasciano presagire una soluzione che non c’è. Ci sono lavoratori che stanno lì dentro notte e giorno e che aspettano di capire il loro futuro. Manca una sensibilità industriale e si crea un clima di incertezza.

Da settembre 2019 si trova a interloquire con Patuanelli. Come giudica l’operato del ministro finora?

Si è trovato di fronte crisi arrivate al capolinea e aggravate dalla pandemia, ma troppo spesso è stato un uomo solo. Ha dovuto gestire dossier molto complicati, praticamente senza staff, e ha provato a prendere tempo. A volte ha dimostrato che il governo non è in grado di risolvere le questioni più complesse. Per esempio su Whirlpool ha dato l’impressione di gettare la spugna. Si è notata una crisi di coinvolgimento e di interlocuzione, forse solo nell’ultimo periodo abbiamo visto dei cambiamenti positivi con un maggior coinvolgimento della sottosegretaria Todde.

Il 26 novembre riparte la trattativa con Federmeccanica per il rinnovo del contratto. Cosa si aspetta?

Riprendiamo il confronto, Federmeccanica parla di uno scenario di guerra e mette le mani avanti. Il fatto che si riparta è sicuramente positivo, ora bisogna fare la trattativa, bisogna capire se hanno capito le nostre richieste normative, le differenze erano abissali.

Vogliamo fare una trattativa vera.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata