Sono accusati a vario titolo di lesioni personali aggravate nonché di concorso in omicidio aggravato
La procura di Roma chiede il rinvio a giudizio, per quattro appartenenti ai servizi di sicurezza egiziani coinvolti nella scomparsa di Giulio Regeni, il ricercatore friulano sequestrato, torturato e ucciso nel 2016 a Il Cairo.
Sono accusati a vario titolo di lesioni personali aggravate (essendo stato introdotto il reato di tortura solo nel luglio 2017) nonché di concorso in omicidio aggravato. L’archiviazione era stata chiesta per un quinto agente.
Si stratta di Tariq Sabir, e di Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.
“La procura di Roma – si legge in una nota – non essendo intervenuto alcun fatto nuovo dopo la notifica dell’avviso 415 bis, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio negli uffici del giudice dell’udienza preliminare nei confronti dei quattro cittadini egiziani appartenenti agli apparati di sicurezza, già destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini”.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Michele Prestipino e dal pm Sergio Colaiocco, sui presunti responsabili, è stata chiusa nel dicembre scorso, dopo anni durante i quali a più riprese era stata chiesta la collaborazione da parte degli inquirenti egiziani, che mai hanno fornito, ad esempio, gli indirizzi degli indagati per notificare loro gli atti.
Giulio venne rapito la sera del 25 gennaio 2016: il suo corpo martoriato fu trovato nove giorni dopo, lungo la strada che collega Alessandria a Il Cairo.
Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono: prima si parlò di un incidente stradale, poi di una rapina finita male, successivamente si insinuò che il giovane fosse stato ucciso perché ritenuto una spia, poi che fosse finito in un giro di spaccio di droga, di festini gay, di malaffare che l’aveva portato a farsi dei nemici. A un mese dalla morte di Giulio alcuni testimoniarono di averlo visto litigare con un vicino che gli aveva giurato morte.
Il 24 marzo del 2016 arrivò l’ennesima ricostruzione non credibile e questa volta c’erano di mezzo cinque morti: criminali comuni uccisi in una sparatoria con ufficiali della National Security egiziana, alla periferia del Cairo. I documenti di Giulio furono trovati quello stesso giorno in casa della sorella del capo della presunta banda e si disse che i cinque erano legati alla morte del giovane.
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