L'uomo: "Ero già tranquillo, ma dopo assoluzione sono felicissimo". La famiglia della vittima: "Comprendiamo la sentenza, rimane la ferita di non conoscere colpevole"
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Assise e d’Appello di Milano, che ha nel 2019 aveva assolto Stefano Binda dall’accusa di omicidio per la morte dell’amica Lidia Macchi. La ragazza venne uccisa a Cittiglio, in provincia di Varese, nel gennaio del 1987.
Stefano Binda “era già abbastanza tranquillo dopo aver saputo che il sostituto Pg della Corte di Cassazione aveva chiesto l’inammissibilità dei ricorsi” della Procura generale di Milano e delle parti civili contro la sua assoluzione in secondo grado per l’omicidio di Lidia Macchi, come ha spiegato l’avvocato Patrizia Esposito, che lo ha difeso con l’avvocato Sergio Martelli. “Dopo la sentenza, Stefano Binda era veramente felicissimo”, ha aggiunto il legale.
Immediato anche il commento della famiglia: “Dopo aver attentamente letto le sentenze precedenti e aver appena appreso il risultato della Cassazione vogliamo chiarire alcuni punti. Crediamo che durante il corso delle indagini e soprattutto dei processi non siano emerse prove a sufficienza per ritenere che Stefano Binda sia stato l’assassino di Lidia e pertanto comprendiamo la sua completa assoluzione“, hanno scritto in una nota Paola, Stefania e Alberto Macchi, familiari di Lidia. “In noi – sottolineano – rimarrà per sempre la ferita di non aver trovato il colpevole della morte di Lidia, anche alla luce della dolorosa scoperta della distruzione e sparizione di alcuni reperti che con le tecniche moderne avrebbero potuto portare un apporto decisivo in questo percorso giudiziario”, aggiungono i familiari della ragazza uccisa a Cittiglio, in provincia di Varese.
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