È la terza inchiesta sulla morte di Marco Pantani: la riapertura delle indagini da parte della Procura di Rimini è legata a un dossier di 56 pagine
Si riapre il caso Pantani: la procura di Rimini ha aperto un fascicolo per il reato di omicidio. È la terza inchiesta sulla morte di Marco Pantani, il ‘Pirata’ che vanta nel suo palmarès 46 vittorie e la doppietta Tour de France-Giro d’Italia nel 1998, un anno prima di essere fermato ed escluso dalla Corsa rosa a causa di un valore di ematocrito al di sopra del livello consentito (1% sopra la soglia massima, per i parametri di allora).
La riapertura delle indagini da parte della Procura di Rimini è legata a un dossier di 56 pagine che i legali della famiglia di Pantani, nel 2019, hanno consegnato alla Commissione Parlamentare Antimafia per chiedere una nuova inchiesta sulla morte del ciclista, avvenuta nel 2004. L’ex generale di brigata della guardia di Finanza, Umberto Rapetto, aveva testimoniato in audizione affermando che, dalle analisi effettuate sulla repertazione e i filmati, qualcuno era presente nella stanza al momento del decesso del ciclista e che il corpo fu spostato nel periodo tra la morte e il rinvenimento da parte del portiere del residence.
La commissione Antimafia ha trasmesso gli atti alla procura, che ha deciso di riaprire il caso con un fascicolo contro ignoti per il reato di omicidio. Marco Pantani fu trovato morto la sera del 14 febbraio 2004 in una stanza d’albergo del residence Le Rose. Edema polmonare e cerebrale le cause della morte, come accertato dall’autopsia, conseguenza di una overdose di cocaina. Una successiva perizia parlò anche di abuso di psicofarmaci. La madre, Tonina, ha sostenuto fin dall’inizio che il figlio fosse stato ucciso. A partire dai suoi sospetti, negli anni successivi è sorto il dubbio diffuso che il campione fosse stato assassinato simulando un’overdose, probabilmente per farlo tacere riguardo a qualche scomodo segreto, forse legato al doping nel mondo del ciclismo e alla sua squalifica del 1999. Nel 2016 fu archiviata l’inchiesta bis in merito all’ipotesi che Pantani fosse stato assassinato: secondo i giudici, non vi erano piste da seguire per sostenere che la morte del pirata fosse stato omicidio volontario. La verità giudiziaria stabilì, dunque, che Pantani fosse morto da solo in una stanza d’albergo, dopo l’assunzione di psicofarmaci e cocaina, escludendo l’ipotesi che qualcuno lo avesse costretto ad assumere medicinali e stupefacenti.
Nel 2014 la Procura di Rimini, a seguito di un esposto presentato dai familiari di Pantani, riaprì le indagini con l’ipotesi di reato di “omicidio volontario”. Secondo la ricostruzione dei legali dell famiglia del campione di Cesenatico, Pantani fu picchiato da due uomini e costretto a bere cocaina. Anche in questo caso, la famiglia di Pantani presentò un esposto alla procura chiedendo di riaprire il caso per “omicidio e alterazione del cadavere e dei luoghi”, una richiesta accolta dai pm di Rimini che aprirono un fascicolo per omicidio volontario a carico di ignoti. La procura ne chiese però l’archiviazione nel settembre 2015 con la motivazione che la sua morte fu un suicidio causato da overdose accidentale, escludendo l’omicidio. L’unico processo celebrato fu a carico di alcuni spacciatori accusati di cessione di stupefacenti con l’aggravante per tre di loro di omicidio colposo per aver provocato la morte di Pantani, ma furono condannati solo per spaccio, mentre uno fu assolto
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