La mamma Annamaria Franzoni riconosciuta colpevole dalla Cassazione nel 2008

E’ il 30 gennaio 2002 quando, intorno alle 8.15 del mattino, Annamaria Franzoni chiama la sua amica e vicina di casa Ada Satragni: “A Samuele è esplosa la testa”. “Cosa hai fatto?”, le risponde la Satragni, che è anche il medico di famiglia. Samuele Lorenzi è il piccolo di tre anni che vive nella frazione Montroz, a Cogne, in provincia di Aosta, con la madre Annamaria, il padre Stefano Franzoni e il fratellino più grande Davide. Samuele è stato ucciso nel lettone di mamma e papà con 17 colpi alla testa, schizzi di sangue che hanno raggiunto in alcuni punti fino a due metri di altezza per la violenza con la quale è stato colpito.

La corsa in ospedale, con l’Elisoccorso, non basterà a salvargli la vita: morirà mentre è sul lettino di un ospedale mentre d’urgenza lo portano in sala operatoria. Nel 2008, la Cassazione ha riconosciuto colpevole del delitto la madre Annamaria Franzoni, tornata libera dopo 6 anni in carcere e 5 ai domiciliari, estinguendo in anticipo la pena per buona condotta. I soccorsi, allertati poco dopo, arrivarono e capirono subito che non poteva essere una morte per cause naturali come pure Satragni, anche medico di famiglia, aveva ipotizzato, parlando di aneurisma, convulsioni, trauma da caduta. Samuele, ancora in vita, fu spostato dal lettone, nel tentativo di rianimazione. Azioni che, tuttavia, ‘compromisero’ la scena del delitto, dove, per esempio, non furono mai repertate le impronte né tracce organiche. Prima che arrivasse la scientifica, un via vai di persone dalla camera da letto.

La vicenda giudiziaria

Quaranta giorni dopo il delitto la madre del bambino viene iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio e il 14 marzo 2002 venne arrestata con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dal vincolo di parentela. Il tribunale del riesame di Torino, però, il 30 marzo ne ordina la scarcerazione per carenza di indizi. L’accusa e la motivazione della prima sentenza si fonda prevalentemente sulla perizia eseguita con l’aiuto del luminol sulle tracce di sangue. Nel 2004, arriva per Franzoni una condanna a 30 anni di carcere. La procura di Torino apre un fascicolo, ipotizzando un inquinamento della scena del delitto dando così inizio ad un altro procdimento, ribattezzato Cogne-bis. Dopo 2 anni, l’inchiesta si chiude con la condanna della donna a 2 anni per calunnia. Le vicende giudiziarie legate al delitto di Samuele Lorenzi proseguono: nel 2005 prende il via il processo d’appello, due anni più tardi, nel 2007, la pena viene ridotta a 16 anni di reclusione dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino. La Cassazione conferma la sentenza nel 2008. In carcere, Franzoni trascorre 6 anni, altri 5 anni ai domiciliari. Dal 2018, Franzoni torna libera.

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