L'avvocato romano Baroni ha seguito decine di ricorsi: "Quadro legale privo di un orientamento condiviso, non c'è omogeneità"

 Sono trascorsi oltre due anni dall’inizio della pandemia. Con il suo flusso di polemiche su green pass, obbligo vaccinale, zone rosse e lockdown che ha portato a cercare la ‘verità’ dritti in tribunale. LaPresse ha raccolto alcune delle centinaia di sentenze sparse per l’Italia.
 
 Per il tribunale di Pisa non c’è alcun dubbio che i Dpcm ‘pandemici’ abbiano imposto la “compressione di diritti fondamentali” e “non si ritiene di poter dubitare della illegittimità e invalidità” degli stessi. Nelle Marche uno dei ristoratori del Movimento ‘Io apro’, che contestava la chiusura forzosa delle attività commerciali per il Covid violando le disposizioni del governo e organizzando cene senza distanziamento e mascherina, ha ottenuto l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione con la quale la Prefettura di Pesaro e Urbino aveva disposto sanzioni: la chiusura del locale per 20 giorni e una multa da 803 euro. La Quinta Sezione del Tar Lazio, il 25 febbraio 2022, ha restituito il 50% dello stipendio – in attesa di decidere nel merito nei prossimi mesi- ad un lavoratore che si era visto sospeso dal servizio a inizio anno e decurtata interamente la busta paga “fino al completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo”.
 
 La contrapposizione di fondo è sempre la stessa: libertà individuale contro interesse collettivo generale. Contrapposizione a cui i magistrati, per ora, non hanno dato risposta con una voce univoca. Una ‘giurisprudenza del Covid’ stenta a decollare e prendere forma. Così i tribunali, ordinari e amministrativi, si muovono in ordine sparso di fronte ai ricorsi.
 
 Se in Lombardia un collegio di giudici del Tar guidati dal presidente Domenico Giordano ha accolto il ricorso di un medico no vax che aveva chiesto la revoca della sospensione dall’Ordine professionale, i colleghi togati di Roma hanno stabilito che “la sospensione dal servizio e dalla retribuzione, prevista a carico del personale sanitario, in ipotesi di inadempimento dell’obbligo vaccinale, non contrasta col principio lavoristico espresso dalla Costituzione”. Tradotto: l’obbligo vaccinale per il personale sanitario è valido, come le relative sanzioni. Per alcuni, ma non per tutti. Perché su medici e infermieri in servizio negli ospedali in corsia è semplice prendere posizione. Meno quando si tratta di forze dell’ordine, insegnanti, dipendenti delle società pubbliche e partecipate dei trasporti o della raccolta rifiuti.
 

 Nel settore privato, per esempio, si naviga a vista. Obbligo di green pass? “I ricorsi non li stiamo facendo perché siamo convinti che, magari non in primo grado, ma sicuramente in Appello o Cassazione si perdano”, dicono i giuslavoristi che difendono decine di lavoratori iscritti a sindacati confederali e di base nei settori che non hanno mai chiuso un giorno, come logistica e trasporti. Parla di “giurisprudenza ondivaga” l’avvocato Massimiliano Baroni, costituzionalista che ha seguito decine di questi ricorsi. “Anche all’interno della stessa autorità giurisdizionale, dello stesso Tar regionale, non c’è omogeneità – spiega Baroni. Personalmente sono molto critico nei confronti di una normativa emergenziale che a partire dal primo decreto legge di febbraio 2020 ha dato carta bianca per futuri provvedimenti restrittivi della varie libertà costituzionali anche con atti amministrativi come i Dpcm”. “Ma il punto focale – chiude l’avvocato – è la situazione attuale priva di un orientamento condiviso: la Corte Costituzionale non si è mai pronunciata e quindi la maggior parte di questi provvedimenti, spesso cautelari, e dei giudici si sono messi alla finestra aspettando la Consulta”.

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