Lui, 21 anni, perito chimico, figlio di kosovari perfettamente inseriti nel contesto sociale del Trentino. Lei, 18 anni appena compiuti, figlia di un imam della provincia di Siena
Lui, 21 anni, perito chimico e un buon lavoro, figlio di kosovari perfettamente inseriti nel contesto sociale del Trentino. Lei, 18 anni appena compiuti, figlia di un imam della provincia di Siena da tempo sotto la lente dei carabinieri dell’anti terrorismo perché considerato estremista. Ma, dietro quell’apparente normalità, marito e moglie avrebbero nascosto ben altro: un percorso di radicalizzazione jihadista domestica che avrebbe dovuto sfociare in un attentato nella città del Concilio. Almeno così sostengono il procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi, i carabinieri del Ros e del comando provinciale che a febbraio, dopo una precisa segnalazione dell’Fbi, hanno iniziato un’intensa attività di indagine seguendo passo passo conversazioni, movimenti, contatti social e amicizie della coppia. Poi la decisione di intervenire, con un capo d’imputazione preciso: associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, arruolamento ed addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale. “Sul posto di lavoro il ragazzo è riuscito ad approvvigionarsi di sostanze chimiche per realizzare un ordigno a base di perossido di acetone, lo stesso potente esplosivo utilizzato negli attentati in Spagna, Londra e Belgio. Se non lo avessimo fermato avrebbe potuto sintetizzare fino a 400 grammi di esplosivo, equivalenti a 3 etti di tritolo”, ha sottolineato il generale dei Ros, Pasquale Angelosanto. Davanti al gip, il ragazzo avrebbe fatto delle parziali ammissioni. La decisione del giudice è stata duplice: arresti domiciliari e braccialetto elettronico per il marito, libertà per la moglie. “Si tratta di un’indagine assolutamente indiziaria. Le ipotesi di reato non appaiono sorrette da adeguati riscontri probatori” sottolinea l’avvocato Marcello Paiar, difensore del 22enne. “Individuando l’attività sul canale Instagram della persona fermata, abbiamo ricostruito il percorso di radicalizzazione – ribadisce il generale Angelosanto -. Un processo veloce, di cui la famiglia era totalmente all’oscuro. In più occasioni il ragazzo ha dimostrato apprezzamenti per gli attentati come quello di Manchester del 2017. E via via si è accostato all’ideologia dello Stato Islamico condividendone attività e finalità arrivando al giuramento attraverso un canale virtuale”. Tant’è che, secondo la procura, dopo aver messo a segno l’attentato la coppia aveva programmato una migrazione in Nigeria, via Istanbul, per entrare nelle fila dei combattenti dello Stato islamico. “È la prima volta che ci troviamo di fronte a un cittadino italiano radicalizzato in casa, che si auto-preparava e si auto-addestrava utilizzando i canali web dedicati – sottolinea il generale Angelosanto -. È la prima volta che ci troviamo di fronte a un radicamento domestico con relativo accantonamento di sostanze chimiche che, una volta sintetizzate, sarebbero diventate esplosivo per fare un attentato”.
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