Il piccolo Giuseppe era stato ucciso il 7 gennaio 2019

Carcere a vita anche per la madre del piccolo Giuseppe, il bambino di sette anni picchiato a morte a Cardito, in provincia di Napoli, il 7 gennaio 2019. La seconda sezione della Corte di Assise d’Appello di Napoli ha infatti confermato l’ergastolo per il patrigno Tony Essobti Badre e condannato alla stessa pena anche Valentina Casa, la mamma di Giuseppe. In primo grado alla donna erano stati inflitti sei anni di reclusione per maltrattamenti e a isolamento diurno per un anno. 

La ricostruzione dei fatti

La tragedia si consumò tra le mura di casa il 7 gennaio di quasi quattro anni fa. Secondo gli inquirenti Essobti Badre picchiò con calci, pugni, ma anche con un bastone, il piccolo Giuseppe e la sorellina. La madre, invece di chiamare i soccorsi cercò di cancellare le tracce. A ricostruire quei momenti in primo grado era stato il pm Francesco Greco che spiegò come la donna “non intervenì a fermare la furia omicida del compagno, non invocò l’aiuto dei vicini, non contattò i servizi di emergenza delle forze dell’ordine”. La madre, spiegò il procuratore, sarebbe venuta “meno a un suo preciso dovere”, non solo rimanendo “inerte” di fronte alle violenze, ma anche provando a “ripulire il sangue uscito dalle ferite dei figli con dei teli lasciati in bagno” e nascondendo “all’interno della pattumiera le ciocche di capelli strappate dal compagno alla figlia”.

Giuseppe rimase per ore agonizzante sul divano: i danni irreversibili del pestaggio hanno causato la morte del bambino. La sorellina, invece, si salvò dopo una lunga degenza in ospedale: fu lei a raccontare come andarono le cose. A scatenare la furia dell’uomo fu il fatto che i due bambini saltassero sul letto nuovo, rompendolo.

Decisiva per la condanna all’ergastolo della madre il suo comportamento successivo ai fatti. Ai poliziotti, negli attimi successivi al pestaggio, non indicò il compagno come autore delle violenze; in seguito si difese dicendo di essere sotto shock e di non aver potuto fare nulla. Non era però la prima volta che il patrigno si accaniva sui bambini: i maltrattamenti, stando all’indagine, andavano avanti da tempo. Gli stessi vicini di casa della famiglia e le insegnanti dei bambini, sentiti dagli inquirenti, raccontarono di come avessero spesso lividi ed escoriazioni, sia in volto che su altre parti del corpo.

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