Le denunce sono state presentate nel corso degli anni da vari detenuti, in alcuni casi dopo il loro trasferimento in altri penitenziari, parenti degli stessi e dal Garante dei detenuti da cui è già partita l'inchiesta
Sono 45 le persone coinvolte in presunte torture commesse nel carcere di Ivrea dal 2019 a oggi. La procura guidata dalla procuratrice Gabriella Viglione, arrivata a febbraio, indaga su agenti della polizia penitenziaria, educatori, medici per varie ipotesi di reato che vanno dalla tortura alle lesioni, minaccia e falso ideologico. Sono state disposte decine di perquisizioni a casa e in carcere. Le denunce sono state presentate nel corso degli anni da vari detenuti, in alcuni casi dopo il loro trasferimento in altri penitenziari, parenti degli stessi e dal Garante dei detenuti da cui è già partita l’inchiesta per fatti molto simili all’interno della casa circondariale di Ivrea fra 2015 e 2016.
L’inchiesta che è stata avocata meno di due mesi fa dalla Procura generale di Torino dopo che gli inquirenti locali, guidati all’epoca dal Procuratore Giuseppe Ferrando, avevano chiesto l’archiviazione delle indagini. Il Procuratore Giovanni Saluzzo di Torino ha però scritto, nei decreti di avocazione, che le indagini condotte sino a quel momento a Ivrea “appaiono sotto vari profili carenti. Nel 2016 il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, ha anche stilato un Rapporto ispettivo sul carcere piemontese dove si parla di una “sala accanto all’infermeria”, cosiddetta ‘Acquario’. Soprannome nato per via di un vetro oscurato tranne che per una striscia di 15 centimetri da cui è possibile guardare dall’esterno ciò che accade all’interno, utilizzata come “cella di contenimento di natura afflittiva” violando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
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