In paragone con il 2008, le nascite sono invece diminuite di 176.410 unità (-30,6%). Il report Istat

Nel 2021, le nascite della popolazione residente in Italia sono state 400.249, circa 4.500 in meno rispetto al 2020 (-1,1%). Lo afferma l’Istat all’interno del suo rapporto su Natalità e fecondità relativo al 2021, sottolineando anche nel 2022 c’è un nuovo superamento, al ribasso, del record di denatalità. Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le nascite sono infatti circa 6 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021.
In paragone con il 2008, le nascite sono invece diminuite di 176.410 unità (-30,6%). Questa diminuzione è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (314.371 nel 2021, quasi 166 mila in meno rispetto al 2008), spiega l’Istat.

Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti strutturali indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni, spiega l’Istat. In questa fascia di popolazione le donne italiane sono infatti sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomers (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) sono quasi del tutto uscite dalla fase riproduttiva; dall’altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Queste ultime scontano, infatti, l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. A partire dagli anni duemila l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane – spesso derivante dei ricongiungimenti familiari favoriti dalle massicce regolarizzazioni – ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust, sottolinea l’Istat. Ma l’apporto positivo dell’immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche il profilo per età della popolazione straniera residente.

Nel complesso, a diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 240.428, quasi 20 mila in meno rispetto al 2020 e 223 mila in meno nel confronto con il 2008 (-48,2%). Ciò è dovuto innanzitutto al forte calo dei matrimoni, che si è protratto fino al 2014 (con 189.765 eventi a fronte dei 246.613 del 2008) per poi proseguire con un andamento altalenante. A ciò va aggiunto che nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o a rinunciare alle nozze al punto da sì che il numero dei matrimoni si sia pressoché dimezzato (-47,4%).

In calo i primogeniti

Nel 2021 i primi figli ammontano a 186.485, il 46,6% del totale dei nati. La fase di calo della Natalità avviatasi nel 2008 ha portato a una progressiva contrazione dei primogeniti, che sono il 2,9% in meno sul 2020 (-5.657) e il 34,5% in meno sul 2008. Nello stesso arco temporale i figli di ordine successivo al primo sono diminuiti del 26,8%. Lo afferma l’Istat all’interno del suo rapporto su Natalità e fecondità relativo al 2021. La forte contrazione dei primi figli rispetto al 2008 interessa tutte le aree del Paese – ad eccezione della Provincia autonoma di Bolzano che presenta un lieve aumento – ed è superiore a quella riferita a tutti gli ordini di nascita in quasi tutte le regioni italiane del Nord e del Centro. Tale fenomeno testimonia la difficoltà che hanno le coppie, soprattutto le più giovani, nel formare una nuova famiglia con figli; problematica diversa rispetto all’inizio del millennio quando la criticità riguardava soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio, sottolinea l’Istat. Al Centro spetta il primato della denatalità complessiva (-34,3%) e dei nati del primo ordine (-38,2%), con l’Umbria che presenta la diminuzione più accentuata (-36,7% nel complesso e -40,5% per il primo ordine). Anche le regioni del Nord registrano diminuzioni significative, con il calo maggiore in Valle d’Aosta (-42,6% nel complesso e -48,4% per il primo ordine), spiega l’Istat. La minore denatalità, che resta comunque di assoluto rilievo, si registra nelle Isole (-28,2% per il totale dei nati e -29,8% sul primo ordine) soprattutto per le nascite della Sicilia (-25,3% sul totale e -27,0% per i primi figli). In tutte le regioni la denatalità dei primi figli è maggiore di quella complessiva, ad eccezione di Molise, Puglia e Sardegna. La Provincia Autonoma di Bolzano è l’unica in cui la Natalità complessiva si riduce dal 2008 (-5,3%) ma i primi figli aumentano (+0,7%).Tra le cause del calo dei primi figli vi è la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine, a sua volta dovuta a molteplici fattori: il protrarsi dei tempi della formazione, le difficoltà che incontrano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro e la diffusa instabilità del lavoro stesso, le difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni, una tendenza di lungo periodo di bassa crescita economica, oltre ad altri possibili fattori di natura culturale, specifica l’Istat.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata