A far scattare la rabbia di quattro detenuti di origini nordafricane il ritardo nella distribuzione dei farmaci. In ospedale in codice giallo tre agenti di polizia penitenziaria per intossicazione

Quattro detenuti di origini nordafricane hanno dato fuoco a dei materassi e delle suppellettili nelle celle del carcere minorile di Casal del Marmo a Roma. Il pretesto sarebbe stato, secondo quanto apprende LaPresse, il ritardo nella distribuzione di alcuni farmaci. Questi ultimi erano per lo più ansiolitici, oltre ai farmaci specifici per le singole terapie personalizzate. Uno dei giovani, con un’età dichiarata di 16 anni, che ha appiccato il fuoco, aveva ricevuto un provvedimento disciplinare la mattina stessa con isolamento per 15 giorni: lo stesso ragazzo, già nei giorni precedenti, era stato richiamato in almeno sei o sette occasioni.

A far scattare la rabbia dunque il ritardo nella distribuzione dei farmaci; antidepressivi e simili che nelle Carceri italiane “nel 2022 su 79 delle 104 visite effettuate” risultano essere somministrati “regolarmente al 20% dei detenuti adulti” mentre il 43% dei detenuti assume sedativi o ipnotici”, come rileva l’associazione Antigone.Due dei giovani sono stati poi ricoverati all’ospedale Sandro Pertini con Tso per stato di sovragitazione. In ospedale in codice giallo anche tre agenti di polizia penitenziaria per intossicazione, dimessi dopo poche ore senza conseguenze. Le fiamme, divampate intorno alle 20 di martedì sera e spente dai vigili del fuoco, hanno reso tre celle inagibili. I detenuti sono stati immediatamente messi in sicurezza dalla Forze dell’ordine e spostati nel refettorio del carcere minorile. Si sono registrati anche lì dei disordini: alcuni giovani detenuti hanno distrutto il refettorio. Subito dopo l’incendio ieri sera il Capo di Gabinetto del Ministero, Alberto Rizzo, e il sottosegretario, Andrea Ostellari, sono andati all’istituto penale per minori di Casal del Marmo. Visita apprezzata dal segretario generale del Sappe Donato Capece, che denuncia come “le fiamme e il denso fumo propagato potevano essere letali” e ritiene “grave che, in tutti questi, siano stati sottovalutati i nostri gridi d’allarme” chiedendo “una revisione della legge che consente la detenzione di ristretti adulti fino ai 25 anni di età nelle strutture per minori”.

“Polemiche e proposte”, queste che il Garante delle persone private della libertà per le Regioni Lazio e Umbria Stefano Anastasìa, definisce a LaPresse “pretestuose e ingiustificate che, peraltro, in questo caso non c’entrano nulla”. D’accordo con il Garante anche il segretario generale Uilpa Polizia Penitenziaria che chiede al governo “un confronto permanente con le Organizzazioni Sindacali rappresentative del personale” per mettere “in campo misure immediate parallelamente a un progetto di riforma complessivo”.

A fargli eco Alessio Scandurra, responsabile osservatorio Antigone, che affida a LaPresse l’appello dell’associazione sostenendo “che bisogna dare risposte, bisogna dare speranza e prospettiva da chi si trova in carcere. Evidentemente anche per il sistema degli IPM questo oggi è più difficile di ieri Ma la strada da percorrere continua a essere la stessa, è la strada che ha fatto della giustizia minorile italiana un esempio in Europa, fatta anzitutto di attenzione ai bisogni del ragazzo”. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata