Le accuse sono maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, violenza sessuale, favoreggiamento personale
A partire dalle prime ore della notte, i Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia e del Gruppo Tutela della Salute di Napoli hanno eseguito una misura cautelare a carico di 30 persone, per maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, violenza sessuale, favoreggiamento personale ed altro ancora. La complessa ed articolata attività di indagine in questione, diretta e coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia, è stata sviluppata in particolare dai militari del Nucleo Investigativo di Foggia e del NAS del capoluogo ed è iniziata la scorsa estate.
Le investigazioni condotte dai militari dell’Arma hanno consentito di riscontrare – sotto un profilo allo stato gravemente indiziario – numerosi episodi di violenze ed abusi ai danni complessivamente di 25 persone in condizioni di incapacità o di inferiorità fisica o psichica, ricoverate presso una struttura sociosanitaria-riabilitativa della città.A seguito degli elementi raccolti dagli investigatori dell’Arma, la Procura della Repubblica di Foggia ha così richiesto ed ottenuto dal GIP del locale Tribunale le misure cautelari coercitive personali eseguite a carico degli indagati, che nei prossimi giorni saranno sottoposti ad interrogatorio di garanzia. Perquisiti oltre ai domicili dei 30 indagati, anche gli uffici ed i locali della struttura sanitaria oggetto di indagini.
‘Io ti sparo in bocca, vattene da qua sennò ti infilo il coltello dentro la gola. Devi morire, io ti ammazzo a te’. E ancora: ‘Ci devo dare con il cuppino in testa fino a quando ci torna la memoria, ti devo spaccare la testa’. Sono alcune delle “espressioni ingiuriose, offensive e minacciose” riportate nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Foggia – di cui LaPresse ha preso visione – eseguita dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta chiamata New life, coordinata dalla procura di Foggia, su diversi episodi di violenze e abusi ai danni di 25 persone in condizioni di incapacità o di inferiorità fisica o psichica, ricoverate presso la struttura sociosanitaria-riabilitativa ‘Opera Don Uva’ della città, sfociata in 30 misure cautelari.
Gip: “Quadro inquietante e disprezzo dignità pazienti”
Dall’analisi del materiale audio-video, emerge un “quadro storico-fattuale a tinte fosche, inquietante, denso di degradazione e accompagnato da un disprezzo per la dignità dei pazienti ricoverati presso la struttura tale da consentire la formulazione di un giudizio prima facie particolarmente severo, quanto al disvalore penale delle condotte poste in essere, e a indurre l’Autorità inquirente a proseguire nell’attività investigativa”. Lo scrive il gip del tribunale di Foggia nell’ordinanza di custodia cautelare – di cui LaPresse ha preso visione – eseguita dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta chiamata New life, coordinata dalla procura di Foggia, su diversi episodi di violenze e abusi ai danni di 25 persone in condizioni di incapacità e/o di inferiorità fisica o psichica, ricoverate presso la struttura sociosanitaria-riabilitativa ‘Opera Don Uva’ della città, sfociata in 30 misure cautelari.I provvedimenti sono stati eseguiti nei confronti di 8 dipendenti della struttura, 16 operatori socio-sanitari della società Universo Salute srl, 3 operatori sociosanitari dipendenti della società Etjca spa, 2 educatrici professionali dipendenti della società Universo Salute srl e un addetto alle pulizie della La Pulisan srl.
Le intercettazioni sono state avviate dal 6 luglio 2022. “Durante la fase iniziale di monitoraggio, le attività di intercettazione ambientale consentivano di far emergere, con indubitabile chiarezza, una molteplicità di vessazioni, angherie, sopraffazioni fisiche e psichiche le quali, accompagnate da una straordinariamente consistente mole di atteggiamenti aventi finalità degradante la (e lesiva della) dignità di uomini e di pazienti dei soggetti coinvolti”, si legge nell’ordinanza. Gli indagati – scrive il gip – “hanno mostrato particolare disprezzo per la condizione di vulnerabilità dei pazienti e per la, conseguente, situazione di soggezione necessaria in cui si trovavano (e si trovano tuttora) le vittime dei reati accertati”. “Tale, raccapricciante, quadro storico evidenzia la pronunciata viltà colpevole di cui il disvalore oggettivo del reato di maltrattamenti (e di tutti gli altri illeciti provvisoriamente ascritti nel capo d’imputazione) si ammanta”.
Gip: “Pazienti chiusi a chiave di notte e di giorno in ‘stalla’”
“Altra pratica caratterizzante pacificamente le modalità di svolgimento delle proprie incombenze da parte di numerosi tra gli indagati è quella di privare della libertà personale le degenti. Vi sono, in atti, svariati episodi attestanti la censurabile condotta di alcuni operatori che, nella fascia oraria notturna, ricorrevano alla chiusura a chiave nelle proprie stanze delle pazienti più intemperanti e perciò difficili da gestire”. Lo scrive il gip del tribunale di Foggia nell’ordinanza – di cui LaPresse ha preso visione – eseguita dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta chiamata New life, coordinata dalla procura di Foggia, su diversi episodi di violenze e abusi ai danni di 25 persone in condizioni di incapacità o di inferiorità fisica o psichica, ricoverate presso la struttura sociosanitaria-riabilitativa ‘Opera Don Uva’ della città, sfociata in 30 misure cautelari.
“Le periferiche audio, in particolare, oltre a isolare i rumori tipici delle mandate di chiusura delle porte, hanno captato i rumori provenienti dalle degenti recluse, che battevano insistentemente contro le porte delle loro camere”, spiega il gip. La privazione della libertà “può essere considerata una vera e propria logica operativa”, si legge nell’ordinanza. “Alcuni degli indagati non solo procedevano, nell’orario notturno, alla chiusura a chiave di alcune stanze occupate dalle pazienti problematiche ma, durante l’orario diurno al fine di avere il pieno controllo delle stesse degenti usavano raggrupparle e rinchiuderle all’interno del locale soggiorno, impedendo loro di uscire mediante la chiusura delle porte o semplicemente stazionando davanti agli accessi, minacciandole al fine di mantenere l’ordine”, prosegue il gip. “Emblematica” è ritenuta l’affermazione di uno degli infermieri indagati che, “nell’intimare a una paziente di entrare in camera, designava tale locale con l’appellativo la stalla”.
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