Il presidente di Libera a LaPresse: "La latitanza di Messina Denaro favorita da quella politica. Le migrazioni forzate sono indegne di un mondo civile"
“La giustizia di un Paese civile non può rispondere a logiche di vendetta“. Così a LaPresse don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, e del Gruppo Abele, a proposito del 41 bis. Al regime del cosiddetto ‘carcere duro’ è sottoposto, tra gli altri, l’anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame. “Mi limito a dire che, in un Paese civile, la pena del carcere deve mirare al recupero sociale del detenuto, quale che sia il reato commesso”, dice ancora don Ciotti, intervistato da LaPresse alla vigilia della XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti delle mafie. “Sono temi complessi che non ammettono semplificazioni, giudizi impulsivi, sommari, invece di riflessioni profonde, meditate, articolate – dice ancora don Ciotti -. Il 41 bis nasce come misura di isolamento per impedire che, dal carcere, i boss continuassero a governare le cosche, ed è provvedimento ‘emergenziale’ che ha consentito risultati significativi nel contrasto alle organizzazioni criminali. Il che non giustifica, ovviamente, azioni puramente vessatorie lesive della dignità della persona. E questo vale anche per i mafiosi, persone non riducibili ai reati commessi, per quanto gravi siano stati”.
“Latitanza Messina Denaro favorita da latitanza della politica”
“La trentennale latitanza di Messina Denaro è stata indubbiamente favorita dalla contestuale latitanza di quella politica che non ha capito, o ha finto di non capire, che le mafie non si contrastano solo con le indagini e gli arresti, ma prima ancora con le politiche sociali e il superamento di un modello economico che è stato per tutte le mafie, nazionali e internazionali, terreno di conquista e di razzia”. Alla vigilia della XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno delle vittime di mafia, don Ciotti ha commentato la lunga latitanza e l’arresto dell’ex superlatitante. “C’è una convergenza stretta tra crimine mafioso, reato economico e diserzione etica della politica. Non si tratta quindi di pensare in termini di ulteriori, singole, clamorose catture, perché le mafie – non solo Cosa Nostra – non sono più riducibili ai loro ‘capi'”, spiega ancora don Ciotti a LaPresse, “è il sistema che va debellato, al di là dei singoli arresti”.
Migrazioni forzate indegne di mondo civile
Il naufragio di Cutro è stata una “strage“, che è “figlia dell’ingiustizia di un sistema globale che condanna una parte cospicua di umanità a scappare dalla miseria e dai conflitti che quello stesso sistema determina” dice don Luigi Ciotti a proposito della strage di Cutro. Domani, in occasione della XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti delle mafie, i nomi dei migranti morti nel Crotonese saranno letti insieme a quelli delle vittime innocenti delle mafie dal palco di Milano, dove si tiene la manifestazione nazionale. “Le migrazioni forzate – di fatto deportazioni indotte – sono indegne di un mondo civile“, aggiunge Ciotti.
80% familiari attende giustizia
“Fare memoria significa rendere le memorie e le storie presenti, palpitanti, assumendosi la responsabilità di realizzare le speranze e gli ideali per i quali tante persone hanno sacrificato la propria vita. E, al tempo stesso, chiedere giustizia se ancora manca la verità su quelle morti, verità e giustizia che ancora attendono l’ottanta per cento dei famigliari delle vittime, percentuale che non fa onore a un Paese che si definisce una democrazia. Se manca quest’impegno, la memoria rischia di diventare un innocuo e inutile protocollo, una celebrazione che non graffia le coscienze, una cerimonia fine a se stessa. Questo rischio lo denunciammo ventotto anni fa, quando si svolse la prima Giornata, e ancora oggi lo denunciamo”.
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