È morto all'età di 84 anni dopo una "breve malattia cardiaca", ha raccontato la storia e i suoi grandi protagonisti

Ha raccontato la storia e i suoi grandi protagonisti, ha intervistato uomini rivoluzionari e stretto amicizie con leader mondiali, ha vissuto e frequentato personalmente autentiche leggende dello sport, personaggi straordinari della letteratura, del cinema e della musica riuscendo anche nell’impresa, oggi impensabile per molti suoi adepti, di mettere tutti intorno allo stesso tavolo. E non è un caso se molti lo conoscono e ricordano anche, se non soprattutto, per i suoi incredibili aneddoti. Tutti verificabili o, addirittura, immortalati da foto che hanno segnato un’epoca.

Gianni Minà se nè è andato lunedì sera all’età di 84 anni dopo una “breve malattia cardiaca”, come annunciato dalla famiglia sui canali social del giornalista. Ma quella di giornalista, è una definizione che gli va decisamente stretta. Nato a Torino il 17 maggio 1938, Minà ha cominciato la carriera giornalistica nel 1959 a Tuttosport, di cui è diventato poi direttore dal 1996 al 1998. Nel 1960 ha esordito alla Rai come collaboratore dei servizi sportivi per le Olimpiadi di Roma. Nel 1965, dopo aver guidato il rotocalco televisivo Sprint, ha realizzato reportage e documentari per storiche rubriche tra le quali Tv7 e Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo e Gulliver. Ha seguito otto mondiali di calcio e sette Olimpiadi, oltre a innumerevoli incontri di boxe fra cui quelli storici dell’epoca di Muhammad Ali. Il più grande pugile di sempre è solo uno degli straordinari personaggi che sono entrati nella vita e nel vissuto del giornalista italiano, autore di centinaia di reportage per la Rai, di programmi tv e documentari sullo stessi Alì, Che Guevara, Fidel Castro, il subcomandante Marcos, Diego Armando Maradona. È stato tra i fondatori di L’altra domenica con Maurizio Barendson e Renzo Arbore. Nel 1976, “dopo 17 anni di precariato” come sottolinea nella sua biografia, è stato assunto al Tg2 diretto da Andrea Barbato e ha incominciato a raccontare la grande boxe e l’America dello show-business, ma anche i conflitti sociali delle minoranze.

Sono cominciati in quegli anni anche i reportage dall’America Latina che hanno caratterizzato la sua carriera. Nel 1978, mentre seguiva come cronista il campionato mondiale di calcio, è stato ammonito e poi espulso dall’Argentina per aver fatto domande sui desaparecidos durante una conferenza stampa. Nel 1981 il presidente Sandro Pertini gli ha consegnato il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno. Nello stesso periodo, dopo aver collaborato a due cicli di Mixer di Giovanni Minoli, dal 1981 al 1984 ha esordito come autore e conduttore di Blitz, un programma innovativo di Rai 2 che occupava tutta la domenica pomeriggio e nel quale sono intervenuti fra gli altri Massimo Troisi, Federico Fellini, Roberto Benigni, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Gabriel García Márquez, Enzo Ferrari. Nel 1987 ha intervistato una prima volta per 16 ore il presidente cubano Fidel Castro, in un documentario dal quale è stato tratto un libro pubblicato in tutto il mondo. Da quello stesso incontro è stato tratto ‘Fidel racconta il Che’, un reportage nel quale il leader cubano per la prima volta ha raccontato l’epopea di Che Guevara.

Tra i suoi documentari di maggior successo spiccano quelli sulle grandi icone dello sport. A Muhammad Ali, che Minà ha seguito in tutta la sua carriera, il giornalista ha dedicato anche un lungometraggio intitolato ‘Cassius Clay, una storia americana’. Nel 2001 Minà ha realizzato ‘Maradona: non sarò mai un uomo comune’, un reportage di oltre un’ora con il Pibe de Oro in uno dei momenti più bui nella vita del fuoriclasse argentino. In molti casi, Minà è arrivato a instaurare rapporti che sono andati ben al di là della semplice interlocuzione tra intervistatore e intervistato. Tra i gli aneddoti più celebri, il più ‘chiacchierato’ è senza dubbio quello sulla cena romana che ispirò anche un modo di dire affettuosamente ‘cavalcato’ da Fiorello: “Eravamo io, Bob De Niro, Fidel Castro e Gabo Márquez”. Una cena in un noto locale trasteverino a Roma, dove Minà doveva incontrare De Niro e alla quale si sono poi aggiunti Sergio Leone e le altre star immortalate nella foto. “Una combriccola così è proprio irripetibile e ancora adesso non so capacitarmi di come sia stato possibile riunire, una sera a Roma, questi amici”, raccontava lo stesso Minà sui social lanciando il progetto ‘Minà’s Rewind’, nato come da lui stesso spiegato “dall’esigenza di condividere tutte le esperienze fatte grazie al mio meraviglioso, unico mestiere”. Un mestiere che Minà ha nobilitato per tutta la sua vita. 

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