La responsabile relazioni esterne della Ong Valentina Brinis: "L’emergenza sono i morti in mare"

“Un numero che non viene mai citato è quello delle persone che non riescono ad arrivare nelle nostre coste. Il vero procedimento assente dalla politica italiana ed europea è quello della messa a punto di un sistema che sia in grado di soccorrere le persone che ancora oggi affrontano la rotta del Mediterraneo centrale. Una rotta pericolosissima”. Valentina Brinis, responsabile relazione esterne di Open Arms, interviene sulla decisione presa dal governo di stabilire lo “stato di emergenza” sul fronte migratorio. Una “emergenza” quotidiana, secondo il governo che ancora oggi conta più di 700 sbarchi nell’isola di Lampedusa, e oltre 31 mila dall’inizio dell’anno. Numeri importanti ma che per Open Arms non giustificano un provvedimento di urgenza “ Non crediamo che il paese sia sotto attacco – tiene a precisare Brinis – Sicuro c’è stato un aumento delle persone che arrivano in Italia ma questo dipende da fattori di geopolitica come nel caso della Tunisia, c’è poi la crisi climatica che spinge molti a fuggire dalla siccità. Con lo stato di emergenza verranno stanziati fondi dai 5 ai 20 milioni di euro. Verranno usati per rafforzare il sistema dei rimpatri ma se veramente questo si volesse risolvere bisognerebbe raggiungere accordi seri con i paesi di provenienza e usare molta prudenza per vedere se quei paesi rispettano i diritti umani. Per quanto riguarda poi il sistema di accoglienza è opportuno stabilire dei fondi ma per riparare i danni fatti dal precedente ministro Salvini. Noi ci auguriamo che con questi soldi non si faccia intanto propaganda sulla pelle di queste persone e che poi vengano usati per rafforzare i percorsi di integrazione. Rafforzare le scuole di italiano, l’orientamenteo al lavoro e sostenere i percorsi di uscita dai centri di accoglienza per chi ha terminato quel periodo di permanenza. Se open Arms fosse al ministero avremmo proposto di risolvere l’emergenza vera che è quel numero di persone che perdono la vita su quella rotta. Avremmo cercato di riprodurre un sistema alla “mare nostrum”, un sistema di soccorso tutto italiano, che ha fatto onore al nostro paese, un orgogliano nazionale. Quando si parla di identità questo penso sia il tratto determinante. Quando poi si parla di politica estera bisogna stare attenti a fare in modo che con questi paesi si mettano in atto degli accordi che non vadano ad esternalizzare le frontiere ma che si mettano in campo politiche di rispetto dei diritti umano. Sul fronte europeo avremmo poi chiesto la totale revisione del sistema dei visti”.

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