Dopo l'arresto di Bonavota restano da prendere Cubeddu, Motisi e Cinquegranella

La latitanza di Pasquale Bonavota, ‘ndranghetista, è finita a Genova. Ricercato dal 2018, classe 1974, Bonavota è stato arrestato dal Ros e dai comandi provinciali dei carabinieri di Vibo Valentia e Genova, nell’ambito dell’indagine ‘Rinascita – Scott’ del Ros, dal tribunale di Catanzaro, poiché ritenuto responsabile dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa con il ruolo di promotore della cosca Bonavota rientrante nella locale di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio (VV). Bonavota era l’unico ancora latitante a seguito dell’esecuzione dell’operazione Rinascita – Scott che, il 19 dicembre 2019, ha portato all’arresto di 334 soggetti ritenuti appartenenti alle strutture di ‘ndrangheta della provincia vibonese.Ma chi sono i latitanti a cui viene data la caccia? Sono criminali che hanno fatto perdere le loro tracce, quasi spariti nel nulla, nascosti sotto falso nome, coperti da rete di omertà dei propri sodali, dalla complicità di chi tace: sono tre, dopo l’arresto di oggi di Bonavota e quello, del 16 gennaio scorso, di Matteo Messina Denaro, ex primula della mafia trapanese. A loro gli investigatori danno la caccia, seguendo ogni minimo indizio per stanarli dai loro covi. I latitanti rientrano nel ‘Programma speciale di ricerca selezionati dal Gruppo integrato interforze, il Giirl.

ATTILIO CUBEDDU – Nel 1997, approfittando di un permesso, non ha fatto rientro nel carcere di Badu e Carros, in provincia di Nuovo, dove era detenuto per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime. Dall’anno successivo, contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura internazionale. Cubeddu è un nome ‘storico’ dell’Anonima sequestri. È stato il carceriere dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini.

GIOVANNI MOTISI, detto ‘U pacchiuni (il grasso) – È ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage. Deve scontare la pena dell’ergastolo. Dal 1999 su di lui pende un mandato di cattura internazionale. È il killer di fiducia di Totò Riina, secondo un collaboratore di giustizia presente anche quando si parlò per la prima volta di ammazzare il generale Alberto Dalla Chiesa. Nel 1999, durante la perquisizione della sua villa di Palermo, è stata ritrovata una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina, bigliettini recapitati da ‘postini’ fidati assieme a vestiti e regali. La sua ultima apparizione è di quello stesso anno: partecipa alla festa di compleanno della figlia e viene fotografato. Ma alle pareti del posto in cui festeggiano sono affisse lenzuola bianche per impedirne il riconoscimento.

RENATO CINQUEGRANELLA, Boss della camorra, è latitante dal 2002. Cinquegranella è ricercato per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione. Dal 2018 è ricercato in ambito internazionale. Cinquegranella era storicamente legato alla Nuova Famiglia, storica rivale della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. È implicato nell’omicidio di Giacomo Frattini, affiliato della Nco, torturato, ucciso e fatto a pezzi nel gennaio dell’82. Cinquegranella è coinvolto nell’omicidio di Antonio Ammaturo, capo della Squadra mobile, massacrato, nel luglio dell’82 da un commando delle Brigate rosse, davanti al portone della sua casa in piazza Nicola Amore, centro di Napoli, insieme con il suo autista, l’agente Pasqquale Paola. Quell’omicidio confermò un patto criminale tra camorra e Br. 

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