L'uomo è poi sceso dopo una trattativa con il pm e il direttore del carcere
Un detenuto italiano del reparto G11 del carcere di Roma-Rebibbia è riuscito a scavalcare la recinzione del cortile passeggi e un secondo perimetro per poi arrampicarsi su una gru di un cantiere interno e a impossessarsene, in una dimostrazione di protesta. Lo ha riferito Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria. L’uomo, che sta scontando una pena per narcotraffico, è poi sceso dalla gru dopo una trattativa con il pm di turno Luigi Fede e con il direttore del carcere capitolino. Non chiari i motivi che hanno dato il la alla protesta, ma da quanto si apprende avrebbero a che fare con la possibilità di utilizzare il telefono e la mancanza di attività ed educatori all’interno dell’istituto. Da quanto apprende LaPresse l’uomo era stato arrestato nel 2013 nell’operazione ‘Nerone’ a Civitavecchia con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga aggravata dall’aver agevolato sul territorio il clan camorristico di Torre Annunziata Gallo-Cavaliere.
Convinto a scendere da squadra ‘negoziatori’
L’uomo è stato convinto a scendere e interrompere la protesta dalla squadra ‘negoziatori’ specializzati inviati a Rebibbia dalla Questura di Roma. Per via della criticità sono stati anche richiamate in servizio unità della Polizia penitenziaria che dovevano essere di riposo – sottolinea la FNS Cisl Lazio – che ricorda come il carcere di Rebibbia abbia una carenza di 200 unità di personale e un sovraffollamento di 347 detenuti.
Detenuto finisce pena ad aprile, voleva parlare con giudice
Il detenuto vrebbe finito di scontare la sua pena ad aprile del 2024, fra meno di un anno. Da quanto apprende LaPresse la sua intenzione era riuscire a parlare con il magistrato che ha firmato l’ordine di esecuzione penale calcolando il cumulo pene per diversi reati che lo hanno portato in carcere. I negoziatori della Questura di Roma gli hanno fatto recapitare un telefono sulla gru e lo hanno convinto a desistere dalla sua protesta. L’uomo è stato affidato al direttore del carcere di Rebibbia ma ora rischia di non poter beneficiare della liberazione anticipata.
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