L'unico sopravvissuto alla strage del 6 dicembre 2007 commenta la notizia della semibilibertà 16 anni dopo per il manager tedesco: "Ce lo aspettavamo, passato troppo tempo"

“La cosa che mi delude di più è un senso di sconfitta, tutto quello che di negativo ha portato per noi la tragedia della Thyssen avrebbe potuto essere qualcosa che poteva cambiare il Paese sul tema degli infortuni sul lavoro. Lo ha fatto un po’ dal punto di vista della legislazione ma purtroppo ha dato anche un senso di impunità”. Così a LaPresse Antonio Boccuzzi, unico sopravvissuto alla strage della Thyssenkrupp del 6 dicembre 2007, nel giorno in cui arriva la notizia che per il manager tedesco Harald Espenhahn si aprono le porte del carcere ma in regime di semilibertà, 16 anni dopo la strage. “Anche l’altro manager tedesco ha avuto la semilibertà e poi è uscito. Se alla fine non si arriva a una sorta di punizione vera verso chi sbaglia, si dà la senssazione che allora per gli infortuni sul lavoro non ci sia una cura, una soluzione”, aggiunge Boccuzzi. Nel rogo della Thyssen sono morte 7 persone. Boccuzzi è stato parlamentare del Pd fino al 2018. 

“La notizia della semilibertà non ci sorprende, sostanzialmente era la stessa situazione di Preignitz. E’ incredibile però che ci siano voluti 16 anni per chiudere un processo che tutti dicevano sarebbe stato veloce. Si è concluso effettivamente 7 anni fa ma ci vogliono 7 anni perché un conannato entri in carcere? E’ sintomo di una giustizia che da un lato funziona, perché il processo è si è celebrato, ma allo stesso tempo c’è qualcos’altro che non funziona nel meccanismo”, aggiunge Espenhahn. Il manager è stato condannato in via definitiva in Italia, con una pena rimodulata a 5 anni di carcere, pena massima prevista in Germania per il reato contestato. Ma Espenhahn fino a oggi non aveva scontato un giorno di carcere. 

“Dal punto di vista politico la delusione grande è stato il fatto che ci sia stata un’attenzione fine a se stessa, quasi una passerella politica nei momenti del ricordo. Ma al di là di quello ci veniva detto che i ministri della Giustizia di turno non potevano fare nulla”, dice ancora Boccuzzi “Lo capisco naturalmente, ma non capisco allo stesso tempo – al di là della solidarietà – se davvero non si potesse fare nulla di più. Resta l’amaro in bocca“, aggiunge Boccuzzi. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata