Lo scrivono i giudici della Corte d'Assise d'Appello nelle motivazioni della sentenza

L’attentato messo a segno da Alfredo Cospito e Anna Beniamino il 2 giugno 2006 nella parte estera della caserma della scuola allievi dei carabinieri di Fossano, provocò danni di “modesta entità”. I giudici della Corte d’Assise di appello di Torino lo spiegano nelle motivazioni della sentenza emessa nel giugno scorso nei confronti di Alfredo Cospito e Anna Beniamino. La procura aveva sollecitato, l’ergastolo nei confronti dell’anarchico che aveva deciso di protestare contro la decisione con lo sciopero della fame.

I giudici torinesi hanno emesso per Alfredo Cospito una condanna a 23 anni di reclusione ed a 17 anni e nove mesi per Anna Beniamino. Sulle motivazioni, dove i magistrati ripercorrono l’attentato alla caserma di Fossano si legge: “Quanto all’obbiettività dell’azione, gli ordigni venivano posizionati non all’interno della caserma di Fossano, ma all’esterno e a una certa distanza dalla struttura, in un luogo isolato e in un orario nel quale non vi sarebbe stato il passaggio di persone o mezzi; gli ordigni fabbricati artigianalmente, sia pure temibili – giusta l’inserimento di bulloni che esplodevano come proiettili – si limitavano a provocare la distruzione dei cassonetti porta rifiuti in cui erano stati piazzati e il danneggiamento della facciata dell’edificio colpita dalle schegge e dai detriti esplosi”.

Nel dispositivo di sentenza, i magistrati si soffermano sulla potenzialità dell’ordigno e sull’entità dei danni: “Quanto al danno e al pericolo provocato dall’attentato, si è appena rilevato come il danno cagionato in concreto dalla strage sia stato estremamente lieve e come altrettanto lieve sia stato il pericolo cagionato allo specifico bene giuridico. La volontà manifestata dagli autori di ottenere con tale azione l’abolizione dei Centri di permanenza temporanea non può ritenersi avere realizzato un danno o la messa in pericolo della sicurezza dello Stato o di un’articolazione di esso”. Infatti “non v’è dubbio che gli ordigni” vennero “piazzati in un luogo simbolico in un giorno del pari simbolico e che l’intento fosse quello di colpire i servi dello Stato già da piccoli”.

Il collegio della Corte d’Assise di d’Appello di Torino ridimensiona quanto ipotizzato dalla Procura che all’epoca dei fatti coordinò l’inchiesta: “L’azione stragista ha inciso sui supremi interessi nazionali, sulla sicurezza interna ed esterna dello Stato, sul libero esercizio delle istituzioni democratiche e sulla libera partecipazione dei cittadini alla vita politica in misura assai limitata, avendo solo minimamente messo in pericolo l’inviolabilità dell’ordinamento politico, l’esistenza e l’incolumità dei supremi organi statuali. In sintesi, l’azione ha avuto una blanda ripercussione sulla compagine statale o, comunque, su una parte di essa, e ha comportato un limitatissimo pericolo di una lesione alla personalità dello Stato e all’ordine democratico”. 

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