Caso Saman, parla il fratello: “Avevo paura di mio padre, mi picchiava”

Ali Haider in aula: "Ho raccontato la verità perché voglio giustizia"

Le violenze del padre, le imposizioni alla sorella, la scelta di dire la verità “perché voglio giustizia”. Continua il suo racconto, in aula a Reggio Emilia, Ali Haider, il fratello di Saman Abbas, che nell’udienza dello scorso 31 ottobre aveva raccontato di aver assistito all’omicidio della sorella 18enne da parte del padre e del cugino. La ragazza di origini pachistane era sparita da Novellara nel Reggiano nella primavera del 2021 e a novembre 2022 è stata trovata morta in un casolare nelle vicinanze. Per la sua morte sono imputati il padre Shabbar, due cugini, lo zio e la madre, attualmente ancora latitante in Pakistan. Sulle motivazioni della scelta di parlare con i giudici, Haider ha detto: “Da quando sono in comunità tutto è cambiato e mi sento anche di essere italiano: in quei giorni lì avevo la stessa mentalità di loro, ora come ora penso che per me hanno fatto una cosa sbagliatissima”. Rispondendo alle domande dell’avvocata Mariagrazia Petrelli, legale di uno dei cugini, Ikram Ijaz, il ragazzo ha ribadito: “Perché ho deciso di dire tutta la verità? Perché da quando è successa questa roba qua ho tenuto dentro di me cose per cui ogni giorno soffro, le notti non riesco a dormire pensando a questa cosa qua”. E quando gli è stato chiesto perché non sia andato prima dai Carabinieri, ha risposto: “Perché aspettavo che mi chiamassero in tribunale per dire le cose come sono andate. Con i carabinieri le dico le cose come stanno, ma loro non decidono la giustizia, è tutta un’altra cosa, quindi anche se parlavo anche con altre forze dell’ordine la cosa rimaneva lo stesso dentro di me, quindi volevo sfogare con una persona grande, tipo il giudice”.

“Avevo paura di mio padre, mi picchiava”

Haider ha poi parlato del suo rapporto con il padre. “Ho avuto paura di mio padre, perché da piccolo, ogni tanto, mi picchiava. Avveniva tante volte”. In particolare, ha poi aggiunto, “c’è stato un periodo in cui mio padre si ubriacava, ci picchiava, ci cacciava fuori da casa e passavamo notti fuori che faceva anche freddo”. E ha raccontato un episodio nel dettaglio: “Una sera ricordo benissimo che siamo stati in una serra, che anche li faceva tanto freddo; ci ha lasciato fuori che era ubriaco, poi siamo andati in un capannone e io, mia mamma e mia sorella ci siamo messi su una macchina, chiusi, e mia madre ha coperto sia me, sia mia sorella con il velo (per il freddo, ndr). Abbiamo passato un po’ di notti, poi è venuto Ivan Bartoli, che ha detto di chiamare i carabinieri. Ha detto che non è casa di Abbas e che la casa era di tutti, anche nostra. ‘La casa è mia, lui non decide niente’ aveva detto”. In base a quanto raccontato dal giovane, Bartoli li avrebbe invitati a chiamare i carabinieri, ma la madre non ne voleva sapere per timore di finire sui giornali, spaventata all’idea che la gente e i parenti potessero dare dei giudizi. “Sono successe un sacco di robe, ma mia mamma non pensava neanche a denunciare”, ha concluso.

“Saman non poteva uscire da sola”

I comportamenti del padre, poi, erano peggiori quando rivolti alla sorella Saman. “Saman non poteva uscire da sola, non aveva delle amiche a Novellara“, ha raccontato Haider alla pm Laura Galli. “Anche se aveva delle amiche, le aveva a scuola e dopo non è mai uscita“, ha aggiunto. Shabbar Abbas non voleva inoltre che Saman frequentasse la scuola. “Saman ha fatto fino alla terza media, poi non è andata più, perché mio padre le ha detto: ‘Se vuoi ti compro la roba per disegnare a casa e lavori qui a casa’. Non voleva che andasse a scuola perché c’erano i ragazzi e aveva paura che facesse amicizia con loro“, ha raccontato Haider. “Lei voleva studiare tantissimo e lui le ha detto che se avesse voluto studiare avrebbe preso i libri dal Pakistan per farla studiare qui”, ha precisato. Saman, però, non aveva paura di parlare con il padre in modo diretto: “Ci metteva in mezzo, soprattutto mia sorella, perché io ero meno forte di lei a parlare: mia sorella diceva in faccia le cose a papà, io ho sempre avuto paura e non sono mai riuscito a dirgli le cose. Ci sono stati un sacco di episodi in cui mio padre picchiava un sacco mia mamma, tutti i giorni, l’ho visto da quando sono arrivato in Italia”, ha detto ancora il fratello. Il giovane si è invece bloccato quando gli è stato chiesto di spiegare le eventuali forme di violenza che il padre avrebbe perpetrato anche sulla madre. 

Avvocato zio: “Per vedere scena serviva binocolo a infrarossi”

Ali Haider non è stato però ritenuto attendibile da Liborio Cataliotti, l’avvocato difensore dello zio Danish Hasnain. “Se è impossibile che il ragazzo abbia visto la scena (dell’omicidio, ndr)? Non so, se aveva un binocolo a infrarossi è possibile, perché quelle immagini non vi devono ingannare: sono nitide in quanto il sistema di videosorveglianza ha gli infrarossi, ma la fonte di luce era a 205 metri“, ha detto il legale a margine dell’udienza, annunciando anche di possedere del materiale che sconfessa la testimonianza di Ali Haider: “Io devo gridarlo al mondo, noi abbiamo anche le altre versioni, abbiamo le altre risultanze istruttorie e non possiamo non gridare al mondo che di quelle ci facciamo veramente forti per sconfessare Ali Haider, ci sentiamo fortissimi rispetto alle accuse di Ali Haider“.