Viviana e Filomena raccontano a LaPresse le loro storie

Le testimonianze, raccolte da LaPresse, di due donne vittime di episodi di violenza da parte dei loro compagni o mariti. Viviana e Filomena raccontano le loro storie, per mettere in guardia dai pericoli delle relazioni tossiche. 

Filomena: “Io sfigurata con l’acido, 30 anni di guerra in casa”

Filomena Lamberti oggi ha 65 anni e la voce di chi si sente finalmente libera. Nel 2012, il suo ex marito l’ha sfigurata gettandole addosso dell’acido mentre dormiva. I due, dopo anni di matrimonio e “di guerriglia in casa” si stavano separando. “Lui non la prese bene e mi versò l’acido in faccia. Lo riconobbi dall’odore: era quello che utilizzava in pescheria per sturare i tubi”, racconta a LaPresse. “Quando ho deciso di dire ‘Basta’ e l’ho fatto sono tornata a vivere dopo 30 anni in cui, invece, sopravvivevo”, prosegue. Da quell’esperienza così dolorosa, dai 30 anni accanto a un marito violento, Filomena Lamberti, originaria della provincia di Salerno, ha tratto la forza di raccontare affinché altre donne non subiscano un simile calvario e interrompano immediatamente qualsiasi relazione nociva e violenta. “La mia è una missione per le altre donne, è su questo che bisogna lavorare”, dice.

Viviana: “Alla denuncia mi dissero ‘fai pace con lui'”

Schiaffi e botte non c’erano, ma erano presenti urla, minacce, offese, insultiViviana, 41 anni, è vittima di una violenza difficile da stanare, quella psicologica. “All’inizio era completamente diverso – racconta a LaPresse – poi è venuta fuori la sua natura: mi voleva vestale della casa, pronta a prendermi cura di lui e di nostra figlia”. Ma lei, architetta di Milano, non aveva intenzione di restare chiusa in casa: “Mi disse che dovevo lasciare il mio lavoro, che tanto era inutile. Non avevo alcuna intenzione di farlo”. Ma iniziare il percorso di uscita da “un videogioco dell’orrore” non è stato semplice. “Volevo denunciarlo, ma le forze dell’ordine mi hanno risposto consigliandomi di tornare a casa e riconciliarmi con lui. Non riuscivo a farmi capire”, racconta. “Ero arrivata al punto che mi domandavo cosa avrebbe potuto farlo arrabbiare per evitare di farlo – continua – come una sorta di autocensura. Ho rinunciato a molte cose, ho provato ad assecondarlo“. 

“Non so se vi siano stati segnali prima, ma di sicuro c’è un prima e un dopo. Quando nostra figlia è nata le cose si sono complicate ogni giorno di più. Il suo pallino era il mio lavoro, voleva che lo lasciassi. ‘Ti mantengo io’, ‘il tuo lavoro è inutile’. Mi ha urlato contro che non volevo lasciare il lavoro perché non volevo prendermi cura di nostra figlia”, spiega ancora Viviana. Un rapporto malato, peggiorato dopo la nascita della figlia. Ma la donna non era disposta a cedere: “La mia famiglia mi ha sostenuto mentre frequentavo università in Italia e all’estero, io ero orgogliosa di quello che facevo e faccio ancora oggi, ma perché avrei dovuto lasciare?”. Una reazione che per il suo ex arriva come una doccia fredda. È così che iniziano urla e minacce, anche davanti alla piccola, mentre il peso delle offese continua ad aumentare: “Mi svalutava fisicamente, usava parole violente, mi diceva: ‘Stai zitta, non devi rispondere, lo vedi che sei tu, che la colpa è tua?‘” 

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