Occorre dimenticarsi lo stereotipo del povero senza famiglia e senza lavoro, dice la Caritas
La povertà assoluta in Italia negli ultimi 15 anni “è triplicata. Tra coloro che si rivolgono alle strutture della Caritas vi sono tanti uomini separati, prevalentemente italiani. Un fenomeno sicuramente in crescita negli ultimi anni. A loro, si aggiungono persone che hanno un contratto di lavoro regolare ma povero, sottopagato, che non gli permette di arrivare a fine mese. Il freddo? E’ un problema, esattamente come lo è il caldo. Le temperature estreme uccidono quando si è in mezzo alla strada”. Lo dice a LaPresse Giustino Trincia, direttore della Caritas diocesana di Roma. “La solidarietà a Roma fortunatamente non è mai mancata, ma non possiamo pensare in maniera ipocrita di risolvere tutto con la solidarietà. I diritti che appartengono alla dignità umana vanno promossi e tutelati. Il diritto alle cure sanitarie, il diritto alla casa, ad un giusto compenso, il diritto ad avere un pasto caldo sulla tavola. Sono diritti che vanno rispettati in nome della giustizia e non per solidarietà. La solidarietà non può giustificare le omissioni o i ritardi di chi deve provvedere e non lo fa. E questo è un discorso che interpella la politica e le istituzioni a tutti i livelli. E’ troppo comodo ricordarsi dei poveri solo a Natale, mettendosi in pace la coscienza con una carità pelosa che non fa bene”.
“Dimentichiamoci lo stereotipo del povero senza famiglia e senza lavoro che vive per strada. I poveri oggi sono le persone che incrociamo ogni giorno, che hanno un lavoro ma che comunque non riescono a pagare tutte le bollette a causa del carovita. C’è anche un’altra categoria particolare in crescita, ovvero i genitori single che hanno troppe spese a cui far fronte” dice ancora a LaPresse Don Marco Pagniello Direttore di Caritas Italiana. “Il povero ormai può essere chiunque stia attraversando un momento di difficoltà, sociale e lavorativa“, aggiunge. “Qualcuno che, all’apparenza, sembra non aver bisogno ma che poi in realtà non riesce a soddisfare i propri bisogni. Sicuramente il Covid ha inciso: c’è chi ha perso il lavoro, chi ha chiuso la sua attività. Si è ampliata la forbice delle disuguaglianze”, prosegue Don Pagniello. “La solidarietà non non è diminuita, ma sono aumentate le famiglie in difficoltà. Le stesse che prima condividevano, ora riescono a farlo meno. Credo, tuttavia, che anche questa possa essere un’opportunità per riscoprire la vera sostanza delle cose, l’essenza delle cose: il Natale non è ostentazione”.
“A partire da luglio, dopo l’annuncio che avrebbero revocato il reddito di cittadinanza, il numero di persone che si è rivolto a noi in cerca di aiuto è praticamente raddoppiato, ora sono circa un migliaio di famiglie”. spiega a LaPresse Don Vitaliano Della Sala, parroco di Capocastello e vicedirettore della Caritas diocesana di Avellino. “Il nostro dormitorio conta 20 posti, ma adesso abbiamo dovuto aggiungere dei letti a causa del freddo. Adesso ne abbiamo 35 e siamo pieni tutte le notti. Quello che colpisce – sottolinea – è che negli anni scorsi c’erano molti stranieri. Ora sono due, il resto sono tutti italiani. Tra di loro anche divorziati che non riescono a pagare due affitti. Ne abbiamo quattro in questa situazione. C’è anche chi ha uno stipendio ma non riesce a pagare le bollette”. Una situazione che a Natale pesa di più. “Come ogni anno le aziende alimentari del territorio ci mandano dei prodotti. Ma gli aiuti arrivano anche dai semplici cittadini che ci portano le buste della spesa. Questa è la cosa sconvolgente: aumenta la povertà ma, per fortuna, aumenta anche la solidarietà. Noi serviamo 160-170 pasti al giorno. Il pranzo di Natale, per circa duecento persone, è un regalo della Guardia di finanza. Sarà un Natale solidale”.
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