Riparte dopo la sentenza della Consulta il processo per l’omicidio di Giulio Regeni. Davanti al collegio della corte d’Assise di Roma ricomincia uno dei processi più attesi dell’anno che dovrà chiarire la vicenda del ricercatore torturato e ucciso a gennaio del 2016 al Cairo in Egitto.
Una lista di testimoni di elevato spessore istituzionale, del calibro del presidente della Repubblica egiziana, Abdel Fattah al-Sisi, dell’ex premier, Matteo Renzi, dell’ex ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, di Marco Minniti, ex ministro degli Interni dei tre capi dei servizi segreti dell’allora segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni e all’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi.
Alla sbarra, seppure in contumacia, ci saranno i quattro imputati; il generale Tariq Sabir, e gli ufficiali Athar Kamal, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdel Sharif tutti 007 del governo egiziano. Per tutti le accuse vanno da concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato fino al sequestro di persona aggravato. Il nodo sulla contumacia dei quattro presunti responsabili è stato sciolto dalla Consulta, che dichiarando illegittimo l’art. 420-bis comma 3 del codice di procedura penale ha riaperto il dibattimento.
Infatti la Corte Costituzionale ha deciso di procedere comunque superando l’ostacolo che impediva al giudice di andare avanti nel processo per i reati commessi con atti di tortura in assenza di prova che gli imputati vengano messi a conoscenza, attraverso le notifiche, dell’esistenza a loro carico di un processo penale. Tre le parti civili costituite, oltre all’avvocatura dello Stato, anche la famiglia di Giulio Regeni che chiede giustizia da otto anni.
Sono entrati nella città giudiziaria di piazzale Clodio, Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, il giovane ricercatore ucciso al Cairo nel 2016 da quattro 007 egiziani. Il processo ricomincia oggi dopo la sentenza della Consulta che ha sbloccato il nodo relativo alla questione legata alla contumacia degli imputati. Presente in aula anche l’onorevole Laura Boldrini.
“Abbiamo chiesto di far sapere all’Egitto che sono cambiati i presupposti. La sentenza della Corte costituzionale dice che anche in mancanza di notifica agli imputati in questo specifico caso il processo si può fare. E visto che la sorte degli imputati dipende da un terzo, ossia lo stato egiziano che non mi risulta un paese tendenzialmente democratico, abbiamo prospettato la questione alla Corte. Si può fare il processo senza dichiarazione di domicilio dell’imputato? Senza un nome preciso, visto che anche le sue generalità cambiano da una pagina all’altra dei verbali? La sua identificazione può esser ritenuta compiuta dal tesserino che è stato trasmesso dalla procura generale del Cairo?”. Così l’avvocato Tranquillino Sarno, difensore di uno dei quattro 007 egiziani imputati per l’omicidio e il sequestro di Giulio Regeni.
“Quel che conta non è la conoscenza delle generalità, ma la possibilità che il detenuto possa essere identificato in sicurezza per l’esecuzione della pena, come avvenne” per un cittadino afgano “che era stato identificato non con le sue generalità, ma con una fotografia”. Così il pm Sergio Colaicco, ha spiegato ai giudici della corte d’Assise, rispondendo alle eccezioni sollevate dalle difese sulla modalità d’identificazione dei quattro imputati, accusato di omicidio, tortura e sequestro di persona del giovane ricercatore friulano ucciso al Il Cairo nel 2026.
“Oggi non è avvenuto niente di diverso da ciò che ci aspettavamo. Erano 8 anni che aspettavamo questo momento. Finalmente speriamo che questo processo possa partire, sono state sollevate le questioni preliminari che erano già state rigettate in tutte le altre aule e quindi speriamo, dopo la decisione della Corte Costituzionale che rafforza molto la nostra posizione, di poter avere un processo contro chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio”. Così l’avvocato Alessandra Ballerini, legale di parte civile di Claudio e Paola Regeni, genitori di Giulio Regeni, il ricercatore torturato e ucciso nel 2016 in Egitto a Il Cairo.
Quanto al problema di giurisdizione, “la questione – ha proseguito il legale – è già stata dibattuta da tutte le Corti che si sono occupate della tragica vicenda. Per i tre imputati accusati solo del sequestro aggravato, il generale Sabir Tariq, gli ufficiali Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, voglio fare presente che il sequestro è avvenuto non in Italia, ma in Egitto dove tre o quattro persone al giorno vengono fatte sparire. È stato trasportato da un luogo di tortura a un altro. È evidente che si tratti di violenza fisica e negarla credo sia quantomeno discutibile. Ci vediamo il 18 marzo”, ha concluso l’avvocato Ballerini.