Il procuratore nazionale definisce "molto gravi i fatti di Perugia" e difende gli strumenti di controllo delle forze dell’ordine

Un’audizione fiume durate oltre quattro ore quella del procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, sentito a Palazzo San Macuto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, in relazione all’inchiesta della procura di Perugia sul presunto dossieraggio. Introducendo la sua lunga relazione, Melillo spiega: “Ho chiesto di essere ascoltato affinché vengano colti i fatti e i problemi e per allontanare il pericolo di speculazione e di letture strumentali di vicende che riguardano delicate funzioni statuali. Per tacere delle punte di scomposta polemica che sembrano mirare non ad analizzare la realtà e a contribuire alla sua comprensione e all’avanzamento degli equilibri del sistema ma ad incrinare l’immagine dell’ufficio e a delegittimare l’idea di istituzioni neutrali come la Procura nazionale antimafia e magari anche la Banca d’Italia”.

Melillo appare convinto di un aspetto: il sottotenente Striano non può aver agito da solo nell’opera di raccolta abusiva di dati. “Difficilmente il sottotenente Striano può aver fatto tutto da solo – dice – Ne parlo con cognizione di causa anche perché anche io sono stato oggetto di dossieraggio, visto che un fascicolo su di me fu trovato nell’archivio di Pio Pompa negli uffici che furono del Sismi”. “Esiste un mercato delle informazioni riservate – prosegue Melillo – Bisogna capire se è il frutto della debolezza dei sistemi digitali, se è un caso. O se invece esistono delle logiche più sofisticate e ampie. Credo che l’indagine di Perugia consenta di mettere qualche mattoncino per immaginare una costruzione più ampia. È una mia personale impressione, quella di un magistrato con quarant’anni di esperienza”.

In merito al presidente della Figc, Gabriele Gravina, che risulta indagato dalla Procura di Roma, Melillo sottolinea: “Non c’è dubbio che i fatti attribuiti al presidente della Federcalcio non abbiano nulla a che fare con la missione istituzionale della Procura Nazionale Antimafia. Tutto quello che avevo da segnalare è stato segnalato al procuratore di Roma che ha trasmesso il fascicolo al procuratore capo di Perugia”. Melillo ha sottolineato che l’azione del suo ufficio non è mai stata “d’impulso”, ma con la formula “doverosamente”. All’audizione assiste anche il deputato del Movimento 5 Stelle Federico Cafiero de Raho, sulla cui presenza era scoppiata la polemica, dal momento che proprio il parlamentare pentastellato – all’epoca dei fatti oggetto d’indagine – era a capo della Procura Antimafia.

Pur sottolineando la fragilità del sistema cibernetico, Melillo difende gli strumenti di controllo delle forze dell’ordine fondamentali per la lotta al riciclaggio: “Nella nostra banca dati, ben lontana dall’essere un mostro nero, si ritrova un ridotto numero delle Sos (segnalazioni di operazioni sospette) generate nel sistema finanziario e trasmesse dall’unità di informazione finanziaria. Dal 2018 al 2024 tra l’8 e il 16% di tutte le sos generate dal sistema finanziario tramite Uif e Dia”. Per Melillo, le Sos “sono degli strumenti delicatissimi perché contengono dati, informazioni in grado di profilare chiunque”, da qui l’imprescindibilità da un sistema di controllo massimamente efficiente. Quindi, entrando nel merito della vicenda all’attenzione della Procura di Perugia, Melillo osserva: “La gravità dei fatti in corso è estrema – dice – Bisogna sottolineare la complessità estrema della corretta e rigorosa gestione delle banche dati dove confluiscono quelle e altre non meno delicate informazioni al fine della repressione dei reati. Fino al mio arrivo, l’intera responsabilità dell’ufficio Sos era in carico a un solo sostituto e dal 2021 anche di un aggiunto. Ora abbiamo cambiato alcuni aspetti: ciò che è avvenuto oggi non sarebbe più possibile. O, in caso, ce ne accorgeremmo prontamente”. 

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