Il 31enne ha parlato per la prima volta in aula davanti alla Corte d'appello di Milano: "Perché l'ho uccisa? Non ci sarà mai una risposta"

“Sì, l’ho uccisa, ho occultato il cadavere”, cercando di dare fuoco al corpo due volte, “nella vasca in bagno”. “L’ho avvelenata, le ho somministrato due volte il veleno, mentre dormiva, nel sonno”, ma l’unico scopo era “colpire il bambino” perché “non avevo intenzione di far male a Giulia”. Parla per la prima volta in aula Alessandro Impagnatiello, reo confesso, a processo per la morte della fidanzata Giulia Tramontano, uccisa mentre era incinta al settimo mese di gravidanza. E lo fa a un anno esatto da quando con almeno 37 coltellate ha ucciso la 27enne, il 27 maggio 2023, nella casa dove vivevano insieme a Senago.

Impagnatiello racconta davanti alla Corte d’Assise di Milano, presieduta da Antonella Bertoja, la sua versione. Ad assistere c’è anche la famiglia della vittima. La mamma di Giulia, Loredana Femiano, troverà la forza di dire poche parole, mentre lascia l’aula: “E’ la giornata di Giulia, parlate solo di lei”.

 

Impagnatiello: “L’ho colpita al collo”

Il 31enne risponde per oltre sei ore alle domande delle pm Letizia Mannella e Alessia Menegazzo. Quella sera, il 27 maggio di un anno fa, Giulia Tramontano era in cucina. L’ex barman dell’Armani café racconta di aver sentito un “piccolo lamento”. Giulia si era fatta male a un dito “mentre tagliava i pomodori”. Dalla cucina, la ragazza, originaria di Sant’Antimo, in provincia di Napoli, si sposta verso il salone dove è in cerca di un cerotto, in un cassetto in basso di un mobile. “Ho visto il coltello, ho atteso immobile che si alzasse e l’ho colpita al collo”, dice Impagnatiello, con la voce che per un istante tentenna prima di tornare al racconto della morte della giovane donna. Non ricorda “quante volte” l’ha colpita: “L’ho sentito in una trasmissione alla tv”. Ma perché l’ha uccisa non lo spiega. È una domanda alla quale “non ci sarà mai una risposta”.

Impagnatiello: “A lavoro non volevo rischiare l’umiliazione, l’ho avvelenata”

Le due storie, con Giulia Tramontano e l’altra ragazza, portate avanti in maniera parallela erano tenute in piedi con un “castello di bugie”, un “mare di menzogne” dentro il quale “sono annegato anche io”. Al lavoro, dice, non voleva “rischiare” di perdere la sua reputazione agli occhi dei colleghi. È per questo che decide di non presentarsi all’incontro-confronto con le due donne. Decide di sottrarsi perché “avevo una certa reputazione e non volevo rischiare l’umiliazione, che, sul posto di lavoro, avrebbe fatto crollare” l’immagine che gli altri “avevano di me”. “Sì”, ammette nel corso della deposizione, “l’ho avvelenata”, ma “nel sonno”, in contrapposizione, come gli viene fatto notare dall’accusa, con l’autopsia che ha stabilito che l’avvelenamento con il topicida avveniva da mesi. Nelle sue parole, anche il timore che l’arrivo del bambino, Thiago, avrebbe allontanato Giulia Tramontano.

Impagnatiello: “Volevo colpire il bambino, non volevo far male a Giulia”

Non sa dare una risposta del perché abbia ucciso Giulia: “Me lo sono chiesto miliardi di volte”. E assicura che le sue ricerche sul web sul veleno avevano in realtà lo scopo “esclusivo di colpire il bambino” perché “non avevo intenzione di far male a Giulia”. È sicuro che loro due non si sarebbero lasciati, nonostante le chat, nonostante le discussioni. “Io volevo stare con Giulia”, ripete, anche quando l’accusa gli fa notare che in quegli stessi giorni, il 31enne dice all’altra ragazza di voler stare con lei. Dopo oltre sei ore, l’udienza viene sospesa. La deposizione di Impagnatiello riprenderà in aula il prossimo 10 giugno. 

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