La bomba di marca neofascista uccise otto persone e ne ferì 102 il 28 maggio 1974
Sono le 10.12 del 28 maggio del 1974 quando Brescia e l’Italia intera piombano nel terrore. In Piazza Loggia esplode una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti durante una manifestazione contro il terrorismo nero indetta dai sindacati e dal locale Comitato Antifascista. Muoiono otto persone, ne rimangono ferite altre 102. Le vittime sono Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni; Livia Bottardi in Milani, 32 anni; Alberto Trebeschi, 37 anni; Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni; Euplo Natali, 69 anni; Luigi Pinto, 25 anni; Bartolomeo Talenti, 56 anni; Vittorio Zambarda, 60 anni.
Dopo l’attentato si aprono le indagini e nel giugno del 1979 alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana vengono condannati. In carcere, e in attesa della condanna d’appello, uno di loro, Ermanno Buzzi, venne ucciso da altri due detenuti vicini all’estrema destra, Mario Tuti e Pierluigi Concutelli. Nel 1981 inizia il processo di appello: un anno dopo i giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati.
Come mandante era stato condannato il dirigente ordinovista Carlo Maria Maggi. Gli altri imputati, tra cui Delfo Zorzi, il generale Francesco Delfino e l’ex segretario del MSI e fondatore del Centro Studi Ordine Nuovo Pino Rauti sono invece tutti assolti. Un anno dopo ancora, nel 1983, la Cassazione annulla le assoluzioni e ordina un nuovo processo di appello, dove gli imputati vengono nuovamente assolti, due anni dopo. La Cassazione conferma le assoluzioni. Siamo nel 1985: cala il sipario sulla prima inchiesta.
Le condanne a Maggi e Tramonte
La seconda indagine si apre nel 1984 sulla base delle rivelazioni di alcuni pentiti, ma si chiude definitivamente nel 1989 senza alcuna condanna. Il 23 maggio 1993 il giudice istruttore accogliendo la richiesta del pm, proscioglie ‘per non aver commesso il fatto’ gli ultimi imputati della terza istruttoria. A ottobre 1993 prende il via una nuova istruttoria, nell’ambito della quale, nel 1997, viene imputato il generale Francesco Delfino insieme a Delfo Zorzi. In particolare il ruolo di Maurizio Tramonte, militante neofascista di Ordine Nuovo e ritenuto dai giudici informatore dei servizi segreti (‘fonte Tritone’) diventa centrale nei fatti.
Nel 2005 viene richiesto l’arresto di Zorzi, che nel frattempo è scappato in Giappone, dove vive con il nome di Hagen Roy. Nel 2008 vengono rinviati a giudizio Zorzi, Maggi, Tramonte, Rauti, Delfino. Il 16 novembre 2010 i giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati per insufficienza di prove. Il 14 aprile 2012 la Corte d’Assise d’Appello conferma l’assoluzione di tutti gli imputati. Il 21 febbraio 2014 la Cassazione dice però no alle assoluzioni di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Conferma, invece, l’assoluzione di Delfo Zorzi. Il 26 maggio 2015 inizia il processo d’appello bis per Maggi e Tramonte.
Il 22 luglio 2015, i giudici della Corte di Assise di appello di Milano condannano all’ergastolo Maggi e Tramonte. Come scritto dai giudici nella motivazione della sentenza, Maggi sarebbe stato in possesso della “consapevolezza” di avere “a livello locale e non solo, simpatie e coperture – se non addirittura l’appoggio diretto – di appartenenti di apparati dello Stato e ai servizi di sicurezza nazionale ed esteri“. Il 20 giugno 2017 la Cassazione conferma in via definitiva la condanna all’ergastolo per Maggi e Tramonte, che prova a scappare in Portogallo, da cui viene poi estradato nel nostro Paese.
I filoni processuali ancora aperti
Ma alcuni filoni processuali relativi ai fatti di Brescia sono ancora in corso. Uno è quello aperto dalla Procura per i Minorenni di Brescia a carico del veronese Marco Toffaloni. L’uomo, all’epoca dei fatti 17enne aderente ad Ordine Nuovo, avrebbe riferito nel 2011 di aver svolto un ruolo “tutt’altro che marginale” nei fatti di piazza della Loggia a un collaboratore di giustizia, Gian Paolo Stimamiglio. Una fotografia del giorno della strage testimonierebbe inoltre la presenza di Toffaloni sulla scena della strage poco tempo dopo l’esplosione.
Toffaloni – attualmente residente in Svizzera con un altro nome – è stato così rinviato a giudizio con l’accusa di strage, dopo essere stato interrogato sui fatti per rogatoria ed essersi avvalso della facoltà di non rispondere. La prossima udienza sarà il 30 maggio 2024. L’ultimo filone è quello che riguarda Roberto Zorzi, neofascista bresciano residente negli Stati Uniti, a Seattle. Zorzi, altro presunto esecutore materiale della strage, viene tirato in ballo dalle dichiarazioni della compagna del neofascista bresciano Silvio Ferrari, morto nel 1974, pochi giorni prima della strage. Il 18 giugno 2024 comincerà il nuovo processo a suo carico.
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