Il presunto assassino è Umberto Pietrolungo, 58 anni, considerato affiliato alla cosca di ‘ndrangheta Muto

Un giallo durato 33 anni. È stato arrestato dagli agenti della squadra mobile di Vicenza il killer di Pierangelo Fioretto e della moglie Mafalda Begnozzi, uccisi la sera del 25 febbraio 1991, nel cortile della loro abitazione in contra’ Torretti, a Vicenza. Il presunto assassino è Umberto Pietrolungo, 58 anni, attualmente in carcere a Cosenza dove gli è stata notificata l’ordinanza del tribunale di Vicenza.

Pietrolungo è considerato affiliato alla cosca di ‘ndrangheta Muto, operante a Cetraro, in provincia di Cosenza. La svolta è arrivata grazie alla Banca dati Nazionale del Dna, attraverso la comparazione di reperti biologici prelevati sui reperti dell’epoca: le pistole, un paio di guanti, gli abiti indossati dalle vittime. Angelo Fioretto, 59 anni, e sua moglie, Mafalda Bengozzi, 52 anni, erano stati uccisi nel cortile della propria abitazione a colpi d’arma da fuoco.

L’agguato al rientro a casa di Pierangelo Fioretto

Fioretto, che era un avvocato, stava rientrando a casa dal suo studio e trovò ad attenderlo due persone che lo uccisero con quattro colpi di pistola, l’ultimo dei quali a bruciapelo. La moglie, Mafalda Begnozzi, scese a soccorrerlo e venne a sua volta uccisa. Il personale della Squadra mobile di Vicenza ritrovò i corpi dei due coniugi immersi in una pozza di sangue, uccisi con numerosi colpi. Fioretto era stato colpito alla nuca, la moglie anche alla testa. Il medico legale accertò che quelli erano “colpi di grazia”, esplosi mentre i coniugi erano già a terra, per assicurarsi della loro morte. Al suolo furono rinvenuti 17 bossoli calibro 7,65, 2 proiettili dello stesso calibro inesplosi, vari pezzi di piombo.

Nei giorni successivi, gli agenti trovarono due armi, le ‘Nuova Molgora’, pistole giocattolo modificate: una fu rinvenuta all’uscita di contrà Santa Lucia, in corrispondenza di piazza XX settembre, l’altra lungo l’argine del fiume Bacchiglione. Le due armi, compresi i silenziatori di cui erano dotate, furono analizzate alla ricerca di tracce di dna: sul silenziatore della pistola ritrovata sul Bacchiglione c’erano tre frammenti di impronta del pollice. I reperti furono inviati alla Direzione centrale Polizia Anticrimine di Roma, ma furono considerati ‘non utili’ per il confronto “a causa della loro esiguità”. Un dato che spinse la Procura a chiedere l’archiviazione, accolta il 3 dicembre 1996.

Tra i reperti anche dei guanti, rinvenuti poco distante dalla scena del delitto. La procura di Vicenza riaprì il caso nel 2012 grazie anche alla squadra creata dal Ministero dell’Interno per i delitti irrisolti e all’impiego di nuove tecnologie in grado di isolare ed esaminare tracce di Dna. Nel febbraio 2023, la polizia aveva riscontrato una “concordanza positiva di primo livello” nella banca del dna. È nel prosieguo delle indagini che gli investigatori sono riusciti a risalire a Pietrolungo, attualmente in attesa, in carcere, dell’interrogatorio di garanzia. Così si potrà fare chiarezza sul movente.

 

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