Le autorità egiziane hanno negato la cooperazione giudiziaria con l’Italia sulla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano sequestrato, torturato ed ucciso nel 2016 a Il Cairo in Egitto. “Siamo di fronte a testimoni che non hanno scelto liberamente di non venite. Le abbiamo tentato tutte per averli qui ma non ci siamo riusciti”. Lo ha spiegato nell’aula bunker di Rebibbia, dove è in corso un’udienza del processo per il rapimento e la morte del giovane ricercatore friulano, il pm Sergio Colaiocco.
Il procuratore ha affermato che, nei nei giorni scorsi, la Farnesina ha inviato alla procura di Roma una nota della procura Generale d’Egitto dove viene spiegato che è “impossibile eseguire le richieste di assistenza giudiziaria“, tra le quali la deposizione di quattro testimoni egiziani, la cui audizione era prevista per oggi. Si tratta del sindacalista degli ambulanti, Said Abdallah, la coordinatrice di un Centro per i diritti economici e sociali, Hoda Kamel Hussein e Rabab Ai-Mahdi, la tutor di Regeni al Cairo. La corte d’Assise di Roma si è riservata di decidere sull’acquisizione delle testimonianze dalle interviste in video rilasciate dai testimoni.
Un video, girato all’insaputa di Giulio Regeni da uno 007 che aveva posizionato una telecamera nascosta sulla camicia del sindacalista che doveva incontrare il ricercatore, è stato mostrato nell’aula bunker di Rebibbia durante l’udienza del processo per la sua morte. Le immagini risalgono al 7 gennaio del 2016, pochi giorni prima del sequestro e dell’omicidio del giovane, e mostrano l’incontro tra Giulio e il rappresentate del sindacato degli ambulanti del Cairo, Said Abdallah. Nel dialogo, ripreso all’insaputa di Giulio, Abdallah chiede insistentemente notizie sulla sua attività e, in particolare, sul progetto finanziato dalla fondazione britannica Antipode e sul suo ruolo.
Il passaggio del dialogo considerato più importante è quello in cui Abdallah dice: “Cosa sarebbe questa proposta, non capisco di cosa si tratta. L’unica cosa che capisco è che ci sono 10 mila sterline. Bisogna stare attenti per non finire in galera”. Nei minuti successivi, Giulio risponde che il denaro potrebbe essere “investito in qualche progetto, qualsiasi progetto non governativo ma affidato ai privati. Voglio che il sindacato possa tirare fuori dei guadagni e io sono Egitto solo per la ricerca“. Subito dopo, il sindacalista Abdallah chiama uno degli agenti segreti, imputati nel processo e gli sussurra: “Ho parlato con il ragazzo, ho paura che il video potrebbe cancellarsi, ditemi cosa devo fare. Vengo da voi”.
“Nonostante tutto l’impegno profuso dalla Procura e nonostante le richieste formali che sono state poste in essere dalla Farnesina è innegabile l’ostruzionismo egiziano che pare a questo punto insormontabile ma che, anche per le argomentazioni che abbiamo sentito dal pubblico ministero, è del tutto illegittimo. Quindi il problema è l’ostruzionismo egiziano. Chiaro che chiunque dice che c’è collaborazione sta mentendo”. Così l’avvocata Alessandra Ballerini, legale dei familiari di Giulio Regeni, dopo l’udienza nell’aula bunker di Rebibbia del processo per la morte del giovane ricercatore friulano, sequestrato, torturato e ucciso a gennaio del 2016 a Il Cairo, per cui sono imputati 4 007 egiziani.
“Oggi – ha proseguito – ne abbiamo avuto le prove. Questo video ci dice tantissime cose, ci dice che Abdallah era un agente provocatore, che ha provato a far cadere Giulio in continui tranelli. Ci dice la purezza di Giulio e anche del suo lato accademico. Ci dice in fondo una assoluta incomunicabilità tra i due, non solo perché parlano due lingue diverse. Abdallah voleva incastrare Giulio e consegnarlo alla National Security”. La legale, infine, ha voluto ringraziare Pif e Stefano Accorsi che hanno doppiato, con le loro voci, le parole nel nel video dell’incontro tra Regeni e il sindacalista egiziano che lo attirò in trappola.