Don Franco Esposito: "O si cambia il sistema delle pene oppure c'è poco da fare"
“Il suicidio in carcere per me è un omicidio di Stato e di questo passo alla fine dell’anno avremo una strage di Stato”. Così don Franco Esposito, direttore della Pastorale Carceraria della Chiesa di Napoli e cappellano del carcere di Napoli Poggioreale, commenta a LaPresse i dati “drammatici” dei suicidi nelle Carceri italiane, con la casa circondariale di Poggioreale tristemente in testa con tre suicidi nel 2024. Don Franco Esposito parla di detenuti “uccisi” perché, spiega, “per me il suicidio è un omicidio di Stato che viene fatto da un’istituzione la quale, mantenuta in queste condizioni, produce solo morte e violenza. A questo punto credo ci sia poco da fare se non amnistia e indulto”.
Don Franco Esposito: “Ultimo decreto ministro Giustizia deludente”
Secondo don Franco Esposito “l’ultimo decreto del ministro della Giustizia è deludente, non si prende alcuna decisione in merito né una sola volta viene nominata la parola ‘suicidio’. È un decreto che non tiene conto di questo grande dramma che sta accadendo all’interno delle Carceri, è un decreto che inganna la domanda di sicurezza della società. Dal carcere si esce peggiori di prima, la recidiva è oltre il 70%. Le misure adottate nel decreto sono veramente ipocrite: le comunità di accoglienza per i tossicodipendenti già ci sono, passare da 4 a 6 telefonate certamente non è, non dico risolverlo, ma neanche affrontare il problema. A questo punto o si cambia il sistema delle pene con le misure alternative al carcere, oppure veramente c’è poco da fare”.
Don Franco Esposito: “Lo Stato non aiuta le misure alternative al carcere“
Oltre a essere direttore della Pastorale carceraria della Diocesi di Napoli, don Franco Esposito è presidente dell’associazione di volontariato Liberi di Volare che gestisce una casa di accoglienza per il recupero dei detenuti. Tra gli ospiti più recenti c’è Simone Isaia, condannato per il rogo della Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto in piazza Municipio a Napoli. “Con lui altri 15 vivono in questa casa di accoglienza”, sottolinea don Franco rivendicando negli ultimi 15 anni “il passaggio di centinaia di detenuti che, nella stragrande maggioranza dei casi, dopo la pena sono riusciti a non tornare in carcere, sono stati reinseriti sia nel mondo del lavoro che per quanto riguarda la ripresa di contatti con le famiglie. Ma è una goccia d’acqua in un oceano di un mare inquinato, che è quello del carcere. Noi continuiamo ad andare avanti anche per essere un segno del fatto che è possibile fare diversamente dal carcere e farlo bene, producendo la rieducazione e il reinserimento che la Costituzione chiede al pagamento delle pene. Ma riusciamo ad andare avanti e a gestire economicamente questa struttura solo grazie all’8 per mille alla Chiesa, lo Stato non ci dà un euro. Lo Stato non aiuta le misure alternative al carcere e, mentre per il carcere si spendono per ogni detenuto oltre 200 euro al giorno, per le misure alternative al carcere non si spende un euro”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata