La donna prima dell'udienza in Cassazione: "Sono arrivati in Italia per chiedere protezione"

“Mansour sta relativamente bene e ringrazia tutti per la solidarietà con lui e con la Palestina. Sta provando, per quanto possibile, a tenere duro, non soltanto per se stesso, ma anche per i suoi figli e la sua famiglia”. Lo dice a LaPresse M.A., moglie di Mansour Doghmosh, uno dei tre palestinesi accusati dalla procura de L’Aquila di terrorismo, proselitismo e propaganda e pianificazione di attentati. M.A., che preferisce rimanere anonima e non comparire in video denunciando di aver già subito aggressioni dall’inizio della vicenda, si trova a Roma, all’esterno della Corte di Cassazione, dove giovedì è attesa la sentenza sulla richiesta di scarcerazione al marito e agli altri due uomini, Anan Kamal Afif Yaeesh, Ali Saji Ribhi Irar.

Si trovano incarcerati per aver preso una posizione in favore della Palestina e non per aver creato alcun tipo di problema per l’Italia – spiega la moglie tramite un traduttore della comunità palestinese romana. Il pensiero va anche ai figli della coppia: “I bambini di Mansour ne stanno risentendo parecchio psicologicamente, essendo la prima volta che passa così tanto tempo dai suoi figli”. Anche per questo, la donna ribadisce: “Chiedo all’Italia di scarcerarli, dato che sono arrivati in Italia chiedendo protezione e rifugio e poi l’Italia procede con l’arresto”, spiegando che “la vita che conduce in Italia è una vita quotidiana fatta di lavoro e famiglia” e per questo “sono tutte accuse che non corrispondo alla verità”. “Siamo scappati da un’oppressione, non vogliamo ritrovarci davanti a un’altra”, conclude M.A.

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