La madre, di etnia rom, è stata arrestata per reati sul patrimonio, furti e borseggi. Come lui in 25 in italia

È arrivato insieme alla sua mamma poco meno di una settimana fa nel carcere romano di Rebibbia. Ha solo 3 mesi e passa le sue giornate in una cella. Secondo quanto apprende LaPresse è di origine croata e la mamma, di etnia rom, è stata arrestata per reati contro il patrimonio, furti e borseggi. Insieme a lui, nello stesso carcere, due altri bambini, un italiano e un polacco di due anni e mezzo. Il bimbo polacco passa le giornate nella cella con la mamma, attendendo le suore o i volontari del carcere per giocare. Il bimbo italiano va all’asilo, lo accompagnano le volontarie del carcere. Le loro attività all’esterno del carcere sono ridotte all’osso e dipendono dalla disponibilità dei volontari e degli agenti di polizia penitenziaria non esistendo un programma per le loro attività. Formalmente infatti non sono detenuti, possono uscire dal carcere, ma la loro ‘libertà’ di uscire dipende da coloro che possono portarli fuori da quel mondo con le sbarre alle finestre.

Venticinque bambini nelle carceri italiane

Nelle carceri italiane ci sono, in questo momento, in totale 25 bambini. Di questi, 6 sei trovano all’Icam delle Vallette a Torino, due in quello di Venezia, tre appunto nel carcere femminile di Rebibbia, quattro nell’Icam di Lauro in Campania, sei in quello di San Vittore, tre nel carcere di Bollate, uno in quello di Lecce. Dopo le polemiche nell’aula della Camera riguardo il regime delle detenute madri il tema continua a essere scottante. Mercoledì, in apertura della seduta d’aula, infatti, è stato esaminato un ordine del giorno presentato dal Pd per evitare che i figli minori vivano in carcere con le madri. Il governo annuncia parere favorevole ma cambia idea dopo che il deputato del Pd Marco Lacarra rifiuta che l’odg venga firmato anche dalla deputata della Lega Simonetta Matone, con conseguenti proteste.

Ordine psicologi: “Problemi nei limiti che la detenzione impone”

Di problemi per i bimbi detenuti nelle carceri con le madri parlano anche gli esperti. “I problemi sono nei limiti che la detenzione impone – e che si riverberano sui bambini – di crescita, pensiamo solo al tema degli spazi fisici e relazionali. Anche le mamme purtroppo hanno una serie di limitazioni funzionali nell’esercizio della loro genitorialità”, spiega a LaPresse il professor David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale ordine psicologi. “In questi casi si ragiona in termini di condizione più favorevole per il bambino, che in generale è quella di assicurare, dove non ci siano particolari elementi ostativi, la vicinanza della mamma al bambino nei primi anni di vita. Certamente l’ambiente deve favorire per quanto possibile questa situazione, tenendo conto delle esigenze del bambino e delle possibilità della mamma di poter svolgere il suo ruolo genitoriale“, spiega ancora Lazzari. “Altro sono i figli dei detenuti per le visite periodiche. In questo caso il tema è quello degli spazi per i colloqui che dovrebbero tener conto di questa situazione specifica”, conclude. Mentre Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, spiega a LaPresse che “ci dovrebbe essere un principio etico assoluto secondo cui le donne incinte e le donne con bambini molto piccoli non dovrebbero incontrare le strutture detentive ma dovrebbero incontrare l’housing sociale, il sostegno sociale”.

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