Il ragazzo 17enne autore del triplice omicidio ha detto agli inquirenti di sentirsi un "corpo estraneo al mondo"

Si sentiva “solo” e “oppresso”. Un “corpo estraneo al mondo”. Così si descrive il 17enne che a Paderno Dugnano, nel Milanese, ha ucciso il fratellino di 12 anni, la madre e il padre nella notte tra il 31 agosto e l’1 settembre. Nulla lasciava presagire la strage, assicurano gli inquirenti. “Sgomenti” e “increduli” gli amici. Solo la sera prima, in famiglia, avevano festeggiato il compleanno del papà. Una festa che però “può aver acuito il malessere”, spiega la procuratrice facente funzione per i minorenni di Milano, Sabrina Ditaranto, che lancia l’allarme: “Ci sono più giovani soli”. Ma pur volendo “non possono rivolgersi autonomamente a uno psicologo o psichiatra senza l’autorizzazione dei genitori. E questo può diventare un problema”.

 

Sociologo: “Ragazzi soli, decisioni prese in chat e non a tavola”

A supportare questa tesi è Francesco Pira, Professore Associato di Sociologia all’Università di Messina e autore di numerose pubblicazioni sull’universo giovanile. “I nostri ragazzi, soprattutto dopo la pandemia, sono soli, molto fragili, e cercano un posto nel mondo attraverso le nuove tecnologie. Tra loro e i genitori spesso si crea un muro: anche la comunicazione è scandita dai tempi della chat di famiglia dove vengono prese tante decisioni, si danno autorizzazioni o le si negano, invece di sedersi intorno a un tavolo, parlandosi e guardandosi in faccia”, spiega l’esperto. Eppure, anche volendo, “non è facile per loro trovare aiuto perché non sempre si ha a disposizione sul territorio di équipe pluridisciplinari che intervengano su qualunque tipo di disagio”. Non solo: “Ci sono scuole che hanno lo sportello psicologico, ma molti genitori negano l’autorizzazione ai ragazzi perché dicono che i loro figli sono ‘normali’ e non hanno assolutamente bisogno dello psicologo”.

Psichiatri: “Gesto aberrante ma non legato a nuove generazioni”

La presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) Liliana Dell’Osso a LaPresse parla di “gesto aberrante” ma non lo lega alle nuove generazioni. Anzi. “Pensiamo alla tragedia greca, a Edipo, a Oreste, a Elettra”, sottolinea. Di gesti come questo “è piena la storia”. Questo tipo di dinamiche “in genere vengono messe in atto da adolescenti o giovani di sesso maschile che spesso uccidono con ferite letali: in questo caso – sottolinea Dell’Osso – c’è stato un particolare accanimento sul fratellino. Ma ogni caso è diverso. Ricordo Ferdinando Carretta: in quel caso c’era un disturbo mentale grave, con una diagnosi di schizofrenia paranoide. Se pensiamo al caso di Pietro Maso, invece, come di molti altri, dalla perizia emerse un disturbo narcisistico di personalità, ma non una patologia mentale. In altri casi il perito riporta tratti personologici abnormi in soggetti che per altri versi sembrano normali”.

Quella di Paderno Dugnano veniva presentata come la classica famiglia del Mulino Bianco, “ma non sappiamo cosa sia successo davvero in quelle mura, non conosciamo i contorni precisi del caso. Talvolta ci si mette una maschera sociale di apparente normalità, poi a un certo punto la maschera non tiene più. E la motivazione può essere banale, come una critica, un rimprovero a un brutto voto. Ora – conclude – attendiamo la verità processuale”.

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