Matteo Renzi e Marco Minniti sono stati sentiti in Tribunale, a Roma, per il processo nei confronti di quattro 007 egiziani per l’uccisione di Giulio Regeni, avvenuta nel 2016 in Egitto. All’epoca dei fatti i due erano rispettivamente premier e ministro degli Interni. “Entrambi i testi hanno dichiarato che avevano percepito da subito che tutto il male del mondo che si è abbattuto su Giulio era opera degli apparati di sicurezza egiziani, e che hanno condiviso questa intuizione con l’intelligence dei Paesi alleati”, ha detto Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia Regeni dopo l’audizione in aula. “È molto importante anche il fatto che sia emerso che l’Egitto non è un Paese sicuro per i cittadini italiani, per l’autorità delegata italiana. Sempre l’onorevole Minniti ha detto in maniera chiara che l’Egitto è un regime autoritario e che di fatto è stata la paranoia di questo regime a decidere le sorti di Giulio che era li per fare un sacrosanto lavoro di ricerca e che non ha mai lavorato per i servizi”, ha aggiunto. “Rimane grave e doloroso il fatto che una comunicazione dell’ambasciata italiana del 28 gennaio è rimasta su qualche tavolo e che non sono state attivate tutte le forze che servivano per salvare Giulio. Questo ovviamente provoca dolore e senso di insicurezza. Probabilmente, come ha detto l’onorevole Renzi, se ci si fosse mossi prima, Giulio avrebbe potuto salvarsi“.