Tra le ipotesi di reato ipotizzate anche l'inquinamento ambientale e frode in commercio

Avrebbero fornito al gruppo Leonardo componenti non a norma per la realizzazione di alcune parti del Boeing 878 Dreamliner. Per questo due società brindisine e sette persone risultano indagate dalla Procura di Brindisi. E’ stato emesso l‘avviso di conclusione delle indagini nei confronti dei soggetti, che sarebbero coinvolti in “un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di reati, dall’attentato alla sicurezza dei trasporti, all’inquinamento ambientale, alla frode in commercio”.

Un primo e delicato filone d’indagine, curato sotto il profilo investigativo dal personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brindisi, ha riguardato la commissione di reati di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in commercio, in forma associativa, da parte di amministratori – di fatto e di diritto – di due società brindisine attive nel settore aerospaziale, ai danni di Leonardo e di Boeing, aziende leader mondiali nella produzione di aeromobili per scopi civili e militari. Tale attività ha tratto origine da una precedente indagine, svolta sempre dalle Fiamme Gialle brindisine, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, conclusasi nel 2021 e che aveva portato al sequestro dei compendi aziendali delle due società per bancarotta, all’arresto di tre responsabili e alla denuncia a piede libero di altri quattro indagati.

Indagini su forniture cedute a Leonardo per la produzione di Boeing 787

Le investigazioni dei finanzieri si sono concentrate sulle forniture di componenti aeronautiche cedute dalle aziende brindisine alla Leonardo – Aerostrutture per la produzione dei settori 44 e 46 del Boeing 787 Dreamliner, aereo di punta della multinazionale americana. Nello specifico, è emerso che per la realizzazione di componentistica anche strutturale dei velivoli, veniva impiegato titanio commercialmente puro invece della prescritta lega di titanio, così come le leghe di alluminio utilizzate erano difformi da quelle previste, generando un notevole risparmio sull’acquisto delle materie prime da parte delle società fornitrici. Ciò ha comportato la realizzazione di parti aeree con caratteristiche di resistenza statica e allo stress notevolmente inferiori, con riflessi anche sulla sicurezza del trasporto aereo. I preliminari accertamenti hanno portato al sequestro di circa 6.000 parti di aeroplano (cd. Part Number) appositamente campionate per i successivi esami qualitativi, realizzate in materiale diverso da quanto previsto dalle specifiche di progetto.  

Procura: “Certificata non conformità per oltre 4800 componenti”

Le consulenze disposte dalla Procura della Repubblica di Brindisi e svolte da tecnici specializzati nel settore aerospaziale hanno certificato la non conformità di almeno 4.829 componenti realizzate in titanio e di almeno 1.158 componenti di alluminio. Le perizie e le indagini, condotte anche con rogatoria internazionale negli Stati Uniti d’America, si sono concluse accertando che alcuni componenti strutturali non conformi potessero, sul lungo periodo, creare nocumento alla sicurezza dei velivoli, imponendo alla compagnia americana l’avvio di una campagna straordinaria di manutenzione degli aeromobili coinvolti. Le attività di indagine hanno visto la collaborazione in qualità di parti offese, della Leonardo e della Boeing, grazie alle quali è stato possibile individuare le componenti aeronautiche non conformi, oltreché del Dipartimento di Giustizia americano e dell’Fbi, questi ultimi coadiuvando gli investigatori delle Fiamme Gialle e l’Autorità Giudiziaria nella fase dell’esecuzione della rogatoria internazionale. 

 Un secondo filone investigativo ha riguardato la commissione, da parte della medesima compagine criminale, di reati ambientali, appurando lo sversamento in alcuni terreni della zona industriale brindisina di pericolose sostanze inquinanti derivanti dai processi chimici di trattamento delle superfici e dalla lavorazione meccanica dei metalli. Tale attività di indagine, curata da personale della Squadra Mobile della Questura di Brindisi, ha portato al sequestro di 35 cisterne contenenti ciascuna 1.000 litri di rifiuti speciali pericolosi, accertando l’avvenuto sversamento di altri rifiuti speciali pericolosi contenuti in 12 cisterne rinvenute vuote.

Gli indagati colti in flagranza

Gli indagati, colti in flagranza dalla polizia, dopo aver rimosso una parte del muro di cinta tra le aree di proprietà, sono stati bloccati mentre svuotavano nel terreno altrui (della superficie complessiva di 1.960 mq) e nei pozzetti di drenaggio delle acque meteoriche, il contenuto delle 12 cisterne, pronti a svuotarne altre 5. Inoltre, gli agenti hanno ritrovato in un locale aziendale altre 30 cisterne, illecitamente stoccate, contenenti il medesimo rifiuto. Ulteriori approfondimenti investigativi hanno consentito di individuare un terreno, adiacente al plesso produttivo di proprietà di una delle società incriminate, in cui gli investigatori sospettavano vi fossero state illecitamente sversate altre quantità di rifiuti speciali pericolosi.Le indagini sul terreno hanno permesso di provare la contaminazione del suolo e del sottosuolo con sostanze inquinanti e nocive quali cromo, cromo esavalente, rame, zinco, stagno e idrocarburi, nonché delle acque sotterranee con mercurio, boro, antimonio, arsenico, cromo totale, nichel, piombo, cromo esavalente, rame, zinco, manganese, ferro e cloruri e, infine, della vegetazione circostante con rame, zinco e piombo. La stessa consulenza consentiva di constatare che l’inquinamento aveva interessato il terreno sino alla profondità di tre metri, in concentrazioni largamente superiori ai limiti, previsti dalla normativa per le zone industriali. 

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