La manifestazione, vietata dalle autorità, è stata indetta nella Capitale alla vigilia dell'anniversario degli attacchi del 7 ottobre

Alla fine, lo spettro che da giorni aleggiava sulla manifestazione pro Palestina, organizzata ieri a Roma nonostante il divieto da parte del Viminale, si è materializzato in tutta la sua violenza: un momento di guerriglia urbana che ha trasformato piazzale Ostiense in un campo di battaglia tra manifestanti e forze di polizia. Almeno 30 gli operatori di sicurezza rimasti feriti durante gli scontri, scattati dopo che per oltre due ore il corteo aveva espresso, energicamente ma sempre in modo pacifico, la propria vicinanza al popolo palestinese “vittima del genocidio israeliano”. Una decina, dall’altro lato, i manifestanti che hanno riportato ferite e contusioni. Cinque le persone fermate, mentre sono stati 40 i fogli di via nei confronti di attivisti provenienti da Varese, Livorno, Campobasso, Brindisi, Napoli, Salerno, Torino, Firenze, Milano, Perugia, Modena, Catania, Bari. I circa 10mila che hanno deciso di sfidare il divieto di manifestare hanno ribadito con forza la loro posizione a sostegno della Palestina, scandendo slogan all’indirizzo del premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma anche nei confronti dell’Occidente e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

A chiamare all’adunata gli attivisti è stato il gruppo dei Giovani Palestinesi d’Italia che ha raccolto l’adesione di decine di gruppi da tutta la penisola. “Crediamo di trovarci davanti a una responsabilità storica con oltre 40mila palestinesi uccisi sotto le bombe israeliane”, ha detto Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese nonché tra i leader della manifestazione. “C’è stata un’operazione di mistificazione relativa a questo corteo. Si parla di una celebrazione. Noi siamo qui per commemorare i nostri morti, per chiedere la fine dei bombardamenti e, per quanto ci riguarda, gli unici che oggi stanno celebrando qui in Italia sono gli amici di Israele che continua con i suoi crimini”, “è l’industria bellica italiana a festeggiare”. Ad innalzare la tensione è stata la decisione dei manifestanti di violare il diktat che imponeva la staticità dell’adunata. La volontà di dar vita ad un corteo, ha innescato dunque una lunga trattativa con le forze dell’ordine schierate fin da subito lungo tutti gli accessi alla piazza con decine di mezzi blindati e 1.500 uomini sul campo. La trattativa, in un primo momento, è sembrata andare a buon fine, con il grosso serpentone che da Porta San Paolo, è risalito verso via di Porta Ardeatina, facendo il giro verso la stazione di Roma-Ostia Lido, per tornare infine in via Ostiense, dove nel giro di pochi istanti è scoppiato lo scontro. Gli attivisti hanno caricato i blindati con bastoni e cartelli stradali usati come arieti, lanciato bottiglie e dato vita a una fitta sassaiola. Gli agenti e i militari hanno risposto alle cariche sparando prima i lacrimogeni, quindi hanno fatto ricorso agli idranti per disperdere la folla che soltanto dopo parecchi minuti di tensione ha cominciato a disperdersi defluendo verso l’Ardeatino. Il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, ha telefonato al capo della Polizia, Vittorio Pisani, per sincerarsi delle condizioni dei poliziotti feriti e per esprimere apprezzamento per il lavoro svolto. Per il ministro, quelle dei manifestanti di oggi sono state “gravi intemperanze da parte di chi è sceso in piazza anche utilizzando armi improprie e bombe-carta per aggredire gli agenti e causare danneggiamenti”. Gli scontri avvenuti oggi hanno poi confermato, hanno fatto sapere in serata fonti del Viminale, il rischio di possibili infiltrazioni tra i manifestanti, da parte di elementi esterni che avrebbero sfruttato l’adunata di massa per portare a compimento attacchi nei confronti delle forze di polizia.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata