Shoah, il ricordo del ‘bambino del tram’ sopravvissuto al rastrellamento

Il 16 ottobre 1943 la deportazione degli ebrei di Roma: il racconto di Emanuele Di Porto

Avevo 12 anni, eravamo 6 figli. Abitavo nel cuore del ghetto e ancora ci abito. Ho visto un soldato tedesco che portava mia madre e la portava sul camion”. Così inizia il suo racconto Emanuele Di Porto, conosciuto nel quartiere ebraico di Roma come ‘Il bambino del tram’ sopravvissuto al rastrellamento nazista. L’uomo, oggi 93enne, ha ricordato la sua storia personale a margine della commemorazione organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità Ebraica di Roma per ricordare la deportazione degli ebrei della capitale, compiuta dai nazisti il 16 ottobre del 1943. “Io mi ero messo in testa di volerla salvare, ma lei mi supplicava di andarmene. Un altro soldato tedesco prese anche me e mi ha buttato sul camion. Mia madre sul camion mi rimproverava, però mi ha dato una spinta e m’ha fatto scendere dal camion”, racconta ancora Di Porto che spiega che “per farla contenta, me ne sono andato”: “Sono salito su un tram, la chiamavano la circolare. Appena sono entrato c’era il bigliettaio e gli ho detto ‘guarda che sono ebreo, mi stanno cercando i tedeschi’. Lui mi fa ‘mettiti a sedere vicino a me’”. ‘Il bambino del tram’ allora è rimasto lì, fino alla fine del turno del bigliettaio, che nel frattempo l’aveva fatto mangiare e bere. Al cambio turno, l’uomo si raccomandò con chi lo avrebbe sostituito di tenere al sicuro il piccolo Emanuele, che così passo sul tram ben 2 notti e 2 giorni: “La terza mattina è salito un ebreo che conoscevo, che mi disse che mio padre credeva che mi avessero portato via con mia madre”. Per questo motivo “sono sceso dal tram e sono andato da mio padre, che si è messo a piangere quando m’ha visto, con i miei fratelli e le mie sorelle”.