Spiati e spie. A volte entrambi. Per la Dda di Milano è il caso di Pierfrancesco Barletta, il vicepresidente del gestore aeroportuale milanese Sea (autosospeso dalla società che gestisce gli scali milanesi con rinuncia ai compensi) ed ex cda di Leonardo fino al 2023, indagato per accesso abusivo a sistema informatico in concorso nel fascicolo sulla presunta banda di via Pattari con al centro la Equalizer di Enrico Pazzali. Il manager 51enne, vicinissimo all’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, avrebbe commissionato agli uomini dell’ex super poliziotto Carmine Gallo un dossier su una donna e su un chirurgo plastico del Policlinico di Milano, per ragioni private, chiedendo se fosse possibile un’intrusione da remoto nei telefoni, conoscendo solo i numeri. “Mi serve urgentemente, devo fare delle scelte”. Allo stesso tempo è però diventato target di accessi illegali nella banca dati delle forze dell’ordine e in quella del fisco. Una delle oltre 800mila persone vittime di dossieraggio fra 2022 e 2024 secondo il pubblico ministero Francesco De Tommasi e il sostituto della Dna, Antonio Ardituro. Fra loro uomini d’affari russo-kazaki come Alexandrovich Toporov, attivo in Italia nel campo turistico, titolare di hotel di lusso fra Cortina d’Ampezzo e il litorale di Jesolo, e l’oligarca Victor Kharitonin, magnate nel campo farmaceutico, amico e socio di Roman Abramovich e già inserito dalla rivista Forbes tra gli uomini più ricchi al mondo. Puntavano a espandere quello che l’esperto di dati e professore della Cattolica, Massimiliano Carpino, definisce “florido” e “clandestino mercato” delle “asimmetrie informative” anche alla presenza di asset economici nelle mani di cittadini russi in Europa. Ora per ROS e Nucleo investigativo dei carabinieri di Varese inizia l’analisi dell’immenso materiale sequestrato venerdì.
C’è l’archivio di Gallo – 40 anni di carriera fra la squadra mobile e la polizia giudiziaria della Procura di Milano – con “gli scatoloni” localizzato nel “garage” della segretaria e che conterrebbe scottanti verbali e segreti come i video del ‘caso Ruby’. Sotto sequestro ci è finito il server lituano su cui i “ragazzi” di via Pattari si sarebbero appoggiati per il sistema Beyond, l’aggregatore” che mischia dati “acquisiti illegalmente” e altri estratti con i ‘metodi Osint’ (Open source intelligence). Volevano una copia italiana, una “in UK” e una “in Lituania”, così da bypassare la guardia di finanza “quando verrà a rompermi i c..”. Rogatoria? “Nessuno andrà in Lituania”. Gli inquirenti valutano la richiesta di collaborazione anche verso l’Inghilterra. E’ pronto l’appello delle Procura al tribunale del riesame contro l’ordinanza del gip Fabrizio Filice, che ha disposto 4 misure cautelari ai domiciliari e 2 sospensioni per un poliziotto e un finanziere infedeli. L’atto che ricalca la richiesta iniziale: 13 custodie in carcere e 3 domiciliari, fra cui il presidente di Fondazione Fiera, Enrico Pazzali, su 51 indagati diventati 52 con Barletta. Con lui “la politica la abbracciamo più o meno tutta perché Enrico è destra, Barletta è tutto ambientale di sinistra”, dice la mente informatica del gruppo ed ex hacker di Anonymous Samuele Calamucci. Una “copertura” che arriva dal fatto che l’ex Leonardo è titolare di 2 società da cui Gallo acquista le quote per poi girarle a Pazzali: Jaba, che condivide gli uffici con la Equalize, e la FG Consulting con l’ex poliziotto e imprenditore Stefano Filucchi (estraneo). Politica che nelle carte del sistema dei dossier e del traffico di segreti milanese è presente ma senza il ‘peso’ delle recenti vicende romane-perugine (casi Striano e Miano).
Il presunto tentativo di mettere “in cattiva luce” Letizia Moratti e la sua lista ‘Lombardia Migliore’ per avvantaggiare Attilio Fontana (ignaro) nella corsa verso la presidenza di Regione Lombardia nel 2023 è nei capi d’imputazione. Le richieste di dossier sugli ‘amici’ La Russa – padre Ignazio e figlio Geronimo – o le valutazioni su cosa fare con Matteo Renzi (“Magari noi lo vendiamo alla Monte dei Paschi di Siena. Ci incula, ci manda qua la finanza, i servizi”, per ora no. Prestano attenzione a forzare la banca dati SDI su “politici nazionali” e “uomini di interesse” come “Mentana” (Enrico) perché “quella roba lì gli parte l’alert”. Meno guanti di velluto nel settore privato. Erano pronti anche a travestirsi da “manutentori” per piazzare cimici e microspie “in posti dimenticati da Dio”. Questa l’idea del 36enne bresciano Mattia Coffetti in chat telegram con Calamucci, di fronte alla richiesta dell’internal auditor di ERG, Gabriello Maggini, di un’indagine interna su 14 dipendenti dell’area ‘Energy Management’ sospettati di insider trading sulle materie prime. “Vestirmi da manutentore ups (i gruppi di continuità ndr) e andare in sede, 90% delle volte arrivi dove vuoi. Si mette una sonda in una ethernet dietro qualche stampante o posti dimenticati da Dio”
Dice di essere “basito”, non dalle indagini sul mercato di dati, ma “sono stupito che ci si stupisca”. Lo afferma in una intervista a Repubblica Franco Gabrielli, ex capo della Polizia ed ex direttore dell’Aisi.”Com’è possibile che nel 2024, in un tempo in cui le informazioni sono milioni e facili da reperire, qualcuno pensi che non esista un mercato? Nel deep e dark web da sempre c’è un mercimonio – dice – si vendono e si comprano informazioni per danneggiare o ricattare avversari. I dossieraggi fanno parte della nostra storia. Questa indagine di Milano, d’altronde, assomiglia molto a quella di 18 anni fa sull’affaire Telecom dove, vorrei ricordare, è stato posto anche un segreto di Stato”. Per Gabrielli, “non è possibile buttarla come al solito in caciara gridando all’eversione, al complotto e alle teorie più fantasmagoriche”. “Qui è necessario prendere coscienza: il problema è che, come diceva il ministro Vittorio Colao, il 90% delle banche dati pubbliche di questo Paese sono insicure. Il fatto che ci mette davanti l’indagine della procura di Milano non è certo lo spione di turno. Ma lo stato di salute delle nostre infrastrutture”, evidenzia. “Credo siano necessari investimenti importanti. Ma prima di tutto c’è un dato culturale: bisogna capire che la sicurezza costa. Inasprire le pene, creare nuovi reati, non costa invece niente. Ma non serve a nulla, se non a intercettare un dividendo di consenso immediato. Mettere mano alla sicurezza delle infrastrutture, controllarle, sanzionarle è molto più dispendioso”, evidenzia.
“Il sentimento di amarezza e di dolore per ciò che continua a subire la mia famiglia, in questa circostanza, è accompagnato dalla preoccupazione per i cittadini. Io ho fatto il callo a questa invasione costante e criminale della mia privacy. Ma mi domando: un cittadino come può avere fiducia nelle istituzioni quando capisce che può essere spiato così facilmente?”. Lo dice in una intervista al Corriere della Sera Matteo Renzi, leader di Italia viva. “Tradirei il mio naturale garantismo se attribuissi responsabilità a Forza Italia o altri. Io non so chi è il “mandante” di questo criminale mercato di informazioni. Il colpevole verrà individuato dai giudici. Ma la responsabilità politica di questo scandalo è della premier Meloni e del sottosegretario Mantovano”, sottolinea. “Ormai vivo con serenità il fatto di essere più apprezzato all’estero che in Italia. È per il lavoro che ho fatto da premier che le istituzioni estere mi chiedono di sedere negli advisory board di tutto il mondo; mentre quelle italiane mi spiano illegalmente. Sono l’unico italiano che ha letto il proprio estratto conto in edicola, sui giornali, anziché in banca. La mia serenità non mi impedirà però di chiedere risarcimenti danni in tutte le sedi”, afferma.