Giallo su Edmondo Pegoraro, l'"uomo delle intercettazioni" che sarebbe irreperibile
L’86 per cento del “prezzo finale” a cui la Equalize ha venduto i “dossier” è “composto da dati illecitamente tratti dalle Banche Dati Strategiche Nazionali“. È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sulla rete di presunte cyber-spie attorno alla società del manager autosospeso di Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali, e dell’ex super poliziotto Carmine Gallo. I carabinieri del Nucleo investigativo di Varese hanno riassunto in un documento di 90 pagine i modelli di business della società di via Pattari 6 e delle altre aziende coinvolte nel fascicolo, che vendevano dossier ai clienti su commissione. Si tratta di 3 tipologie di report venduti al “pubblico” rispettivamente per mille, 5mila e 15mila euro: i TIPS “più semplici” contenenti “dati esfiltrati abusivamente” solo in “alcune circostanze”; i KYC dove “di norma” il gruppo inseriva il proprio “know-how” per ‘mimetizzare’ la “presenza di dati esfiltrati; infine gli EIDD, dove oltre alle informazioni provenienti da “Sistema informazione interforze” e banche dati delle forze dell’ordine venivano inseriti dati di “natura economico finanziaria” come “Siva” (Sistema informativo valutario) o “anagrafe dei conti correnti”. Per gli investigatori la percentuale di “dati illeciti” all’interno di ciascuna tipologia di report varia dal 50% dei TIPS, con un profitto di 500 euro sui “costi di produzione”, all’80% dei KYC (guadagno ‘illecito’ di 4mila euro) fino ai 13mila euro dell’ultima tipologia dove l’86,6% delle informazioni sarebbero acquisite illegalmente.
Quattrocento le aziende clienti di Equalize
Dagli atti emerge anche che sono circa 400 i clienti che si sono rivolti alla Equalize di Carmine Gallo ed Enrico Pazzali, stando alle fatture tra il 2022 e il 2024 allegate al fascicolo. L’inchiesta del pm della Dda di Milano, Francesco De Tommasi, rivela come si tratti per lo più di aziende e grandi aziende. Oltre ai casi già emersi di Barilla, ERG (con il coinvolgimento di alcuni manager nei fatti) e Amazon, sono presenti fra le altre Autostrade per l’Italia, BRT-Bartolini, Esselunga, Unipol, Haribo, Eni, Finiper, Moby, Saras, Unieuro, Akno, Alitalia, Apple, Aruba, Mediolanum, Bennet, Heineken.
La banda Equalize: “Eravamo Ikea, ora siamo una boutique”
Negli atti si legge anche che Enrico Pazzali, Carmine Gallo e Samuele Calamucci, i tre uomini chiave di Equalize, negli ultimi tempi parlavano di una “trasformazione” della società “da Ikea a Boutique”. Era il 5 settembre 2024, nemmeno due mesi dalla discovery dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano. I tre discutono di vari argomenti: dall’omicidio dello ‘ndranghetista Bellocco, avvenuto meno di 24 ore prima per mano del capo ultras dell’Inter Andrea Beretta, al ‘caso Sangiuliano’ che ha scosso l’estate della politica, fino alla riforma Nordio che “inibirà la pubblicazione delle ordinanze di arresto”. Positivo, da un punto di vista dell’etica” afferma Pazzali. “Dall’altro non so anche per noi è un problema” aggiunge il manager della Fondazione Fiera, pensando a quante delle informazioni “riservate” che negli anni hanno venduto in dossier da 15mila euro l’uno in realtà si trovassero all’interno di carte e sentenze depositate nelle cancellerie dei tribunali e tecnicamente pubbliche oppure pescando da fonti aperte ricavate sui giornali. “Tanto noi le acquistiamo“, lo rassicura l’ex super poliziotto della squadra mobile Gallo. Interviene l’informatico Calamucci: “Parliamo di cose leggere, stiamo facendo la trasformazione da Ikea a Boutique“. “Parli della nostra azienda? Come ti permetti?”, chiede Pazzali. Gallo ride. “Noi siamo a un livello alto già adesso, figurati“.
Giallo su Edmondo Pegoraro, l'”uomo delle intercettazioni”
Intanto è giallo su Edmondo Pegoraro, ingegnere vicentino 48enne, collaboratore esterno di Equalize e uno dei protagonisti dell’inchiesta, che sarebbe clandestino, forse ‘latitante’. Pegoraro è “introvabile da tempo, nessuno sa dove sia”, confermano due fonti inquirenti a Milano e Torino, dove l’uomo è al centro di una seconda vicenda riguardante il gruppo SKP, la galassia di società private di investigazioni, informatica e intelligence con lo stesso suffisso e partecipazioni societarie in comune, in affari con la Equalize, e di cui Pegoraro è stato dipendente. Secondo l’inchiesta milanese è lui che fisicamente si sarebbe occupato dello spionaggio nei confronti dei giornalisti Giovanni Dragoni e Giovanni Pons, della comunicatrice per grosse aziende e società partecipate Giuliana Paoletti e del ‘nemico’ di Pazzali in Cassa depositi e prestiti, il presidente Giovanni Gorno Tempini, espressione delle fondazioni bancarie. Inoltre è lui – secondo i pm – che si sarebbe interessato al “dossier” e “intercettazioni illecite” a carico di “Marcel Jacobs” e del “suo staff” che sarebbe stato commissionato a Gallo da un “avvocato padovano” non identificato. Dotato di elevate competenze informatiche, il 48enne è formalmente un dipendente della Bitcorp, una delle società che fornisce servizi di intercettazione per la Procura di Milano, con il ruolo di “chief innovation officer”. Da Bitcorp – fondata da due ex carabinieri (tra cui un socio anche della SKP Global Intelligence) e di cui Pegoraro ha posseduto quote attraverso la ML Multiservice ‘ereditata’ da una 40enne ucraina residente a Milano – ha ricevuto redditi tra i 29mila e i 51mila euro a seconda degli anni. Nel 2022 Bitcorp viene incaricata dalla Procura di Torino delle “attività tecniche” per un’indagine assegnata al pm Gianfranco Colace su alcuni soggetti legati a SKP che sarebbero in grado di “violare dispositivi telefonici, telematici, PC, tablet” per rubare informazioni. L’azienda affida il compito all’ingegner Pegoraro che omette di comunicare ai magistrati di essere in rapporti d’affari con le stesse persone e società sotto inchiesta. Per lui il pm di Milano, Francesco De Tommasi, chiede al tribunale del riesame di disporre la custodia cautelare agli arresti domiciliari, negati dal gip nell’ordinanza che ha portato agli arresti di venerdì scorso. Per ora è introvabile.
Il legale di Pegoraro: “Non è introvabile, è a casa sua a Varese”
“Ma quale hacker introvabile, Gabriele Pegoraro è a casa sua, non capisco come sia possibile che abbiano perquisito un’abitazione dove non ha più la residenza da 4 anni”, ha però smentito il legale di Pegoraro. “Ci ho parlato due giorni fa e lo vedrò lunedì”, aggiunge l’avvocato spiegando come i carabinieri del Nucleo investigativo di Varese avrebbero eseguito le perquisizioni a Vicenza “in casa della madre” e non nella sua abitazione “di Luino”, in provincia di Varese, dove si troverebbe. Per questo motivo il legale ha presentato ricorso al tribunale del riesame di Milano per l’annullamento del decreto di perquisizione disposto dal pm Francesco De Tommasi con il sostituto della Direzione nazionale antimafia Antonio Ardituro.
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