Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere fino a quando non ci sarà un "quadro completo e chiaro delle attività inquirenti"
“Empiricamente” impossibile bucare le banche dati delle forze dell’ordine. Un sistema “pericoloso” e per questo “ricevevo i dati e facevo i dossier, stavo al mio posto”. Parziali ammissioni, testa china davanti alle telecamere e tanti silenzi dalla banda di via Pattari 6 che sfila per due ore davanti al gip di Milano, Fabrizio Filice, per gli interrogatori di garanzia. Carmine Gallo, Samuele Calamucci, Giulio Cornelli e Massimiliano Camponovo – i quattro presunti hacker-investigatori ai domiciliari per associazione a delinquere da venerdì, protagonisti della Equalize di Enrico Pazzali e delle altre due aziende sequestrate, Mercury Advisor e DAG – si avvalgono della facoltà di non rispondere. Fino a quando non vi sarà un “quadro completo e chiaro delle attività inquirenti” precisano i legali dell’ex super poliziotto Gallo e l’ex Anonymus Calamucci, avvocati Antonella Augimeri e Paolo Simonetti.
Camponovo: “Temo per l’incolumità mia e della mia famiglia”
“E’ la vita” sussurra Gallo, 66 anni di cui 41 al servizio della legge, a chi gli domanda come sia trovarsi dall’altra parte della barricata. “Ha servito lo Stato” rincara la dose la sua legale per poi trincerarsi nel riserbo dello studio di carte e informative del pm della Dda di Milano Francesco De Tommasi e il sostituto della Dna, Antonio Ardituro che hanno coordinato il lavoro dei carabinieri del Ros e Nucleo investigativo di Varese. E’ un “esercizio” del “diritto al silenzio” fino al pieno “contraddittorio”. Sui “maggiori organi di stampa” sono circolate “notizie assolutamente infondate”. “Temo per l’incolumità mia e della mia famiglia” avrebbe invece detto Camponovo al gip ammettendo di aver capito, nell’ultimo periodo, di essere entrato a far parte di un sistema ‘pericoloso’. Quello impostato da Pazzali, presidente della Fondazione Fiera Milano, con Gallo attorno alla società di business intelligence e investigazioni basata in piazza Fontana con cui commissionare dossier riguardanti uomini della finanza, capitani d’industria, magistrati, politici, manager.
Piani inclinati sui quali il 52enne di Bollate ha tentato di non scivolare “restando al mio posto: ricevevo i dati e facevo i dossier”. In silenzio, collegato da remoto, rimane il maresciallo della guardia di finanza in forza alla Dia di Lecce, Giuliano Schiano (sospeso per 6 mesi), l’uomo che avrebbe materialmente eseguito gli accessi ai database riservati con le proprie credenziali, in cambio di 1.200 euro al mese, dalla rete delle cyber-spie. Risponde per 40 minuti e fa parziali ammissioni invece il poliziotto della Commissariato di Rho-Pero (ultimo incarico di Gallo prima della pensione e di darsi al settore privato), Marco Malerba. Il difensore del 54enne brindisino, avvocato Pietro Romano, non chiede la revoca dell’interdizione dal servizio per sei mesi. L’affermazione più rilevante per le difese la fa la ‘mente’ informatica della banda Calamucci. Alcune delle accuse mosse all’inventore di Beyond – il software per incrociare informazioni da fonti aperte e altre sottratte illegalmente da vendere ai clienti – sarebbero “empiricamente non realizzabili”. Come pensare di ‘bucare’ da remoto lo SDI – il Sistema d’indagine delle forze dell’ordine, collettore delle segnalazioni a carico di tutti i cittadini – o altri database sensibili, senza l’apporto umano di un funzionario infedele e corrotto.
I server all’estero
Affermazioni che andranno vagliate e confrontate con le intercettazioni, dove lo stesso ne parla in termini di possibilità o certezza, e soprattutto con i back-up realizzati dalla banda sui server anche all’estero. Uno è stato sequestrato in Lituania. Nelle carte si fa spesso riferimento a “UK” e “Londra” dove gli inquirenti potrebbero attivare forme di collaborazione con l’autorità giudiziaria britannica.
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