Il 25enne di Spoleto a LaPresse: "Chiedo giustizia e risposte"

È rientrato in Italia Matteo Falcinelli, lo studente di 25 anni della Florida International University originario di Spoleto che lo scorso maggio denunciò di essere stato vittima di abusi da parte della polizia statunitense di Miami, in Florida, che lo arrestò in modo violento tra il 24 e il 25 febbraio dopo una serata in un locale notturno. Il giovane è stato sbattuto a terra dagli agenti, che gli hanno premuto il volto contro l’asfalto e immobilizzato il collo con un ginocchio. Poi, in una cella alla stazione di polizia di North Miami Beach, lo avrebbero incaprettato in quattro. Originariamente accusato di aggressione nei confronti degli agenti, le accuse nei confronti di Falcinelli erano cadute a settembre, e il giovane è ripartito lunedì per l’Italia da Miami. È atterrato questa mattina, martedì, a Fiumicino.

Falcinelli a LaPresse: “Chiedo giustizia e risposte”

Il rientro in Italia è quello di cui avevo bisogno. Sicuramente è per un momento di rinascita perché è come uscire da una ‘bolla’ e ho bisogno di lasciarmi tutto alle spalle e cercare di ricominciare”, dice Falcinelli al telefono a LaPresse mentre è sul treno diretto a Bologna per raggiungere il fratello. “Voglio raccontare la mia storia non per attirare l’attenzione – precisa – ma per provare a far cambiare le cose. Perché purtroppo continua a succedere e non tutti sono fortunati come lo sono stato io”. L’obiettivo di Matteo resta comunque ottenere “giustizia ma anche risposte. Penso che nella mia vicenda ci siano tante cose che non quadrano. In altri casi, anche se la persona alla quale hanno riservato il trattamento era colpevole, i poliziotti sono stati sospesi e messi sotto indagine. Quello che mi chiedo è: perché nel mio caso non è stato fatto? Quello che mi hanno fatto ormai non si può cancellare, ma io voglio risposte”, afferma.

Parlando degli ultimi mesi negli stati Uniti, “‘rinchiuso’ in quella situazione, ho vissuto emozioni contrastanti. A livello psicologico è stato difficile e ho cercato di affrontarlo nel migliore modo possibile, però purtroppo il trauma c’è. È una cosa che mi rimane dentro la testa e non riesco a togliermela, per quanto ci provi”, racconta il 25enne. “Quando mi hanno bloccato il visto sapevo che un allontanamento da quel posto mi avrebbe aiutato a cercare di mettermi il tutto alle spalle. Il viaggio per l’Italia l’ho quindi affrontato con la consapevolezza di lasciare un posto in cui non riuscivo più a stare e poi di voler raccontare la mia storia e come l’ho vissuta. Quello che ho provato – le sensazioni, le emozioni, il dolore fisico – è indescrivibile. Più ci penso e più sono convinto che queste cose non devono più succedere“, aggiunge. “Gli studi li terminerò a Miami, sono ormai vicino alla laurea, ho parlato con l’università e mi permetteranno di finire on line qualora la situazione visto non mi permetterà di rientrare negli Usa”. Ora “è come se si fosse chiuso un capitolo e ne comincia uno nuovo. Ovviamente sempre con tanti dubbi e incertezze perché questo episodio dal punto di vista mentale mi ha tolto tanto”, conclude.

La madre: “Ora mio figlio vuole far sentire la sua voce”

Rientriamo da Miami oggi, ma con 2 voli diversi, per paura che potesse accadere qualcosa durante il viaggio. Devo tutelare più possibile anche l’altro mio figlio – fratello di Matteo – in modo che non rimanga mai da solo nella sua battaglia contro la grave malattia che l’ha colpito quest’estate, visto che il padre ha voltato completamente le spalle ad ambedue i figli, arrivando addirittura a bloccare alla fine di agosto anche le loro utenze telefoniche, a suo dire, per ‘tutelare la propria salute’, come dichiarato da lui anche pubblicamente sul giornale nel mese di settembre scorso”, ha commentato Vlasta Studenicova, la madre di Matteo Falcinelli. “Matteo al suo ritorno in Italia vuole finalmente parlare e raccontare tutto quello che gli è successo, quello che ha vissuto ed il terribile dolore e sofferenza che ha provato, non solo al momento dell’aggressione e della tortura, ma anche quando era rinchiuso in prigione, dove gli sono stati negati tutti i diritti e dove era lontano mille miglia dalla sua famiglia – dalla mamma e dal fratello – senza alcuna possibilità di contattare qualcuno e senza alcuna speranza per lui di poter uscire, ignaro che i suoi amici sono stati così bravi da intuire qualcosa, cercarlo, scoprire la terribile verità ed avvisarci. Ora Matteo vuole far sentire la sua voce e raccontare la sua verità. Perché nessuno al mondo, pur avendo visto sul web o in TV le riprese dell’atroce trattamento e tortura alla quale è stato sottoposto Matteo quella fatidica notte, potrà mai capire quello che Matteo ha passato, quello che ha vissuto e sofferto, il dolore fisico e psicologico che gli è stato inflitto e le gravissime conseguenze che sta vivendo. Nessuno potrà capire i suoi tentativi di suicidio che ha fatto per sfuggire alla probabile o possibile morte per mano dei poliziotti. Non solo è stato torturato, ma gli è stata anche tolta la dignità umana essendo stato trattato letteralmente da animale. Ed io e suo fratello intendiamo aiutarlo in tutto questo, nella battaglia per la giustizia e nella sua lotta contro la brutalità della polizia“.

“Chiedo sostegno nella nostra battaglia per la giustizia”

“Ci sono state tantissime persone che hanno scritto a Matteo e che hanno espresso la loro solidarietà con i messaggi, ma ci sono state anche persone che hanno fatto il contrario, cosa che ha fatto molto male a Matteo, che in quel momento si trovava non solo ad affrontare le sue gravissime ferite fisiche, ma anche gli incubi che lo assalivano ogni secondo della sua giornata, nonché a lottare contro i pensieri di far finire la sua vita a 26 anni. Allora io, da mamma, voglio invitare questa seconda parte di persone ad immaginare – almeno per un momento – che sono loro oppure un loro caro a subire quello che ha dovuto subire Matteo e di rifletterci. Non lo auguro a nessuno, ma se dovesse accadere a loro, vi assicuro che cambierebbero la loro opinione radicalmente“, aggiunge. “Ho già contattato Vittoria Ferdinandi, la sindaca di Perugia (città dove risiede Matteo) e Andrea Sisti, il sindaco di Spoleto (città dove Matteo è nato e cresciuto e dove risiedo io), nonché la Provincia di Perugia e la Regione dell’Umbria, per l’aiuto e sostegno a Matteo nella sua battaglia per la giustizia e spero che le mie richieste possano avere seguito”, prosegue. “Faccio appello anche a tutti i genitori, soprattutto a tutte le mamme, di darci il sostegno nella nostra battaglia per la giustizia perché mesi fa una cosa così brutale è accaduta a mio figlio, ma domani potrebbe accadere anche al loro figlio“, conclude.

“Università Usa potrebbe negargli diploma”

“Sembra, purtroppo, che le azioni contro Matteo e la sua vicenda processuale non siano ancora finite in quanto, pur essendo cadute tutte le accuse contro di lui, l’università alla quale Matteo è iscritto, ha dichiarato la settimana scorsa che, su segnalazione della polizia, hanno aperto un procedimento a carico suo all’interno dell’università ed intendono sottoporlo ad una specie di procedimento processuale, cosa che potrebbe comportare a Matteo il blocco della laurea e del rilascio del diploma universitario”, ha detto ancora la mamma del ragazzo. “Matteo si potrebbe laureare a breve e ce l’ha messa tutta per farlo con ottimi voti, nonostante abbia passato quello che ha passato. Ritengo questa intenzione di ‘processarlo’ al livello universitario, tra l’altro senza che Fiu abbia fatto alcuna indagine e/o verifica del caso di Matteo e della caduta delle accuse contro di lui, assurda e persecutoria, non solo per le gravi conseguenze psicologiche che questo sta avendo su Matteo, ma anche per il fatto stesso. Spero che la cosa si possa risolvere senza creare altri momenti di sconforto ed ansia a Matteo, già duramente provato. Le lacrime sono diventate parte quotidiana di lui, come anche la paura, disperazione, depressione e perdita della voglia di vivere“, afferma. 

Appello madre a Meloni e Tajani: “Seguite la vicenda di mio figlio”

Studenicova lancia poi un appello alla premier Giorgia Meloni e al ministro degli Esteri Antonio Tajani affinché seguano la vicenda che riguarda suo figlio. “Intendo fare appello alla premier Giorgia Meloni”, afferma la mamma dello studente. “Mi voglio rivolgere anche al ministro Tajani per ottenere l’impegno del governo di seguire le indagini a Miami e per fare tutti i possibili passi per indurre lo Stato della Florida ad avviare le indagini ed accertare le responsabilità di tutti quelli ritenuti responsabili per le atrocità alle quali Matteo è stato sottoposto – sottolinea – Ho avuto modo di verificare a Miami, che i 4 poliziotti in questione finora non sono mai stati neanche temporaneamente sospesi (cosa che, invece, accade quasi in tutti i casi quando si verifica la presunta brutalità della polizia) e mi chiedo come mai. Spero che il Governo italiano accolga il mio appello“.

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