Il cold case è stato riaperto 3 anni fa: a processo Anna Lucia Cecere, il titolare dello studio di commercialisti e la madre
Una sentenza che riavvolge il nastro al 1996, e riprende il filo di una pista di indagine appena sfiorata che riapre il cold case sul delitto di Nada Cella. Venne indagata per soli 5 giorni Anna Lucia Cecere, 58 anni, ex insegnante cuneese rinviata a giudizio oggi dalla Corte d’Appello di Genova che ha accolto il ricorso della procura sulla decisione del gup del marzo scorso di non luogo a procedere nei confronti della donna, accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi.
Il processo si aprirà il 6 febbraio
Cecere, che si è sempre detta innocente, andrà a giudizio, con il processo che si aprirà il 6 febbraio davanti alla Corte d’Assise genovese per arrivare ad una verità giudiziaria su chi uccise Nada Cella, massacrata il 6 maggio del 1996 nello studio di via Marsala a Chiavari dove lavorava come segretaria. E’ in quella sede che dovranno essere esaminati gli elementi a carico della donna, appena accennati nel corso delle indagini del ’96, e tornati attuali con la riapertura di una nuova indagine 3 anni fa, nata dallo spunto di una criminologa e che ha dato impulso all’inchiesta affidata alla Squadra mobile di Genova. Cecere sarà rinviata a giudizio insieme a Marco Soracco, 62 anni, commercialista e titolare dello studio dove venne trovata agonizzante la ragazza, e l’anziana madre dell’uomo, Marisa Bacchioni, oggi 90enne, entrambi accusati di favoreggiamento.
Secondo l’accusa, Cecere avrebbe ucciso per prendere il posto di lavoro della ragazza. Ma sono da chiarire anche i rapporti con Soracco, che l’uomo nega e che potrebbero avere un legame con l’accaduto. La pronuncia oggi è arrivata dopo un‘udienza fiume, durata tutta la giornata, e due ore di camera di consiglio. Poi l’annuncio del collegio, presieduto dal giudice Vincenzo Papillo, che ha riaperto la possibilità di arrivare ad una verità giudiziaria sul caso. Non c’erano in aula i tre indagati, Cecere, Soracco e la madre, e non era presente in aula neanche la madre di Nada Cella, Silvana Smaniotto, informata dal suo legale, l’avvocato di parte civile Sabrina Franzone. “Sono serviti 28 anni ma ce l’abbiamo fatta, e ora ho il cuore più leggero”, le sue prime parole dopo la sentenza.
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