Le sue parole in tribunale a Roma: "Veniva picchiato. Noi torturati con scosse elettriche"

E’ in corso a Roma una nuova udienza del processo per la morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano, rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. “Ho sentito quando Regeni gridava e veniva picchiato, parlava italiano e un arabo ma non da madrelingua. Ho visto un ragazzo italiano di altezza media, con jeans, maglietta e felpa, forse azzurra. Aveva circa 30 anni, forse poco più”, ha detto il testimone protetto ‘Delta’, in aula Occorsio. “Portava la barba, ma era molto corta. Era in piedi e parlava in italiano con un ufficiale. Io ho detto: ‘sta chiedendo un avvocato’, io ho lavorato in una società italiana per due anni e conosco qualche parola”, ha aggiunto. Per l’omicidio sono a processo quattro 007 egiziani. 

Il testimone: “Noi torturati con scosse elettriche”

“Ci hanno picchiato. Io sono stato legato alle maniglie del letto e hanno usato la scossa elettrica. Porto ancora i segni sul mio corpo, ho segni su un braccio, ho in tutto cicatrici di cinque o sei centimetri sulla tempia sinistra. I segni sul braccio sono coperti da una serie di tatuaggi e risalgono a quel luogo e a quei giorni”, ha detto ancora il teste, arrestato insieme a Regeni durante le proteste di piazza Tahrir a Il Cairo. 

Il testimone: “Ci hanno portato nel cimitero dei vivi”

“Ho sentito quando Regeni veniva picchiato, parlava italiano e arabo, ma non da madrelingua e subito dopo sono venute delle persone e ci hanno portato via entrambi e ci hanno caricati su una macchina e bendati; ci hanno bendati e portati verso una sede degli apparati di sicurezza dello Stato”. “Qualcuno poi ha dato uno schiaffo e lì ho capito che ci stavano portando nel ‘cimitero dei vivi’. Giunti a destinazione siamo stati divisi”, Giulio “nel reparto per gli stranieri e, dopo quella sera, non l’ho più visto”, ha aggiunto il testimone. 

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