Il pm Andrea Petroni, nel corso della requisitoria, lo scorso 25 novembre ha chiesto la condanna all'ergastolo, pena definita "inumana" dalla difesa del 23enne

Oggi si torna in aula per l’ultima delle udienze del processo lampo a carico di Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, la sua ex fidanzata uccisa con 75 coltellate l’11 novembre 2023. La Corte d’Assise di Venezia, presieduta da Stefano Manduzio, è chiamata a pronunciare la sentenza di condanna nei confronti del 23enne di Torreglia, in provincia di Padova. 

Sentenza attesa per le 16

Accusa e difesa hanno rinunciato a repliche e controrepliche. La Corte dunque si è ritirata in camera di consiglio per la decisione. La giuria è composta da due giudici togati e da otto giudici popolari. La sentenza è slittata di un’ora ed è attesa per le 16. 

Lo zio di Cecchettin: “Turetta sarà sempre l’assassino di mia nipote”

“Non vincerà nessuno perché noi abbiamo perso Giulia, la famiglia di Filippo ha perso Filippo e lui resterà quello che è. A prescindere dalla condanna e dalla durata della condanna, lui rimarrà sempre l’assassino di Giulia”, ha detto Andrea Camerotto, zio di Giulia Cecchettin. “La giustizia gli darà la possibilità di risollevarsi socialmente – ha affermato – ma non potrà uscire dal carcere e non essere l’assassino di Giulia, lo sarà per sempre”. “Non ha mai nominato Giulia nel suo interrogatorio, forse una volta soltanto, anche nel memoriale scriveva ‘lei’ – ha aggiunto – Ho trovato quel memoriale un po’ insulso, che sembrava scritto da in ragazzetto insicuro”. E’ stato lo stesso Turetta a “dire direttamente in aula che non si sente di chiedere scusa, ma bisogna anche provarci”. “Io non sono per il perdono, e non perdonerò mai chi ha ucciso mia nipote, mi sono reso conto che non perdonerò mai chi fa del male alle donne – ha concluso – Attendiamo fiduciosi una sentenza giusta per Filippo Turetta”.

 

La difesa di Turetta stringe la mano alla famiglia Cecchettin: “Mio lavoro non è facile”

Prima dell’avvio dell’udienza l’avvocato Giovanni Caruso, legale di Turetta, ha stretto la mano al papà della vittima, Gino Cecchettin, e alla nonna Carla Gatto. “La capisco umanamente, ma il mio lavoro non è facile”, ha detto il legale. 

Le fasi del processo: chiesta la condanna all’ergastolo

Il pm Andrea Petroni, nel corso della requisitoria, lo scorso 25 novembre ha chiesto la condanna all’ergastolo, pena “inumana” per la difesa del 23enne. La “colpevolezza” di Turetta, per l’accusa, “non è in dubbio: le prove sono talmente evidenti che c’è l’imbarazzo della scelta”. Nell’omicidio di Giulia Cecchettin ci sono stati premeditazione, crudeltà e stalking. La prima “è certa, un caso di scuola” e la lista del 7 novembre 2023, ne é la prova.

La difesa di Turetta: “Non è né El Chapo né Pablo Escobar”

Di diverso avviso la difesa di Turetta: “Siamo sicuri, ogni oltre ragionevole dubbio, che quella elencazione denoti un proposito chiaro, lucido, una persistenza verso l’omicidio?”, ha chiesto in aula, durante l’arringa del 26 novembre l’avvocato Giovanni Caruso, che ha elencato i punti di quella “annotazione”. “Cartina geografica  per la fuga, poi vedremo perché siccome non è né El Chapo né Pablo Escobar, bisogna capire che cosa pensava di fare con la fuga Filippo Turetta, quale potesse essere la prospettiva”, aveva sostenuto. Così come gli altri punti della lista, non indicherebbero un proposito chiaro, una decisione certa sul da farsi. Petroni ha spiegato in cosa sia consistita la crudeltà con cui Turetta ha ammazzato Cecchettin: “Immaginate cosa significhi essere silenziati, lo scotch e la pressione sulla bocca, i 25 tagli sulle mani, le ferite, le urla: ecco, la crudeltà”.

Secondo l’autopsia sono state inferte 75 coltellate

Secondo l’autopsia, sono state 75 in totale le coltellate alla ragazza, “inferte con una certa violenza, ferite da difesa prodotte quando chi le subisce è vigile, in tre luoghi e tre momenti diversi”, fino ai colpi quando ormai la vittima era inerme.

Per la difesa di Turetta non ci sono le aggravanti di crudeltà e stalking

Quello di Cecchettin, per Caruso, è un “omicidio “efferato, ma non con l’aggravante della crudeltà”: l’imputato ha agito in preda “all’emotività, in uno stato di alterazione emotiva, con concitazione”. Turetta colpisce “con pugnalate alla cieca, non ricorda nemmeno quante ne ha date”. Infine lo stalking. Secondo l’accusa, il femminicidio della 22enne di Vigonovo è stato “l’ultimo atto” del controllo che Turetta esercitava su di lei. Il rapporto tra i due “è stato caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, le frequentazioni, le amicizie, le uscite”: la morte della ragazza, l’11 novembre 2023, è solo l’atto che scrive la parola ‘fine’.

Un rapporto caratterizzato anche da una forte “manipolazione” da parte dell’imputato. Una aggravante che la difesa ha provato a smontare. Per la difesa, non sussiste nemmeno l’aggravante dello stalking. “Non risulta che Giulia Cecchettin avesse modificato le proprie abitudini di vita” o “che avesse stati di ansia” causati dall’imputato. Soprattutto, è la tesi della difesa, 22enne non aveva paura di lui: “Se avesse nutrito timore per la propria incolumità veramente vogliamo pensare che avrebbe dato appuntamento al suo futuro omicida il giorno 11 novembre?”. Turetta era “letteralmente ossessionato” da Cecchettin, un dato che “nessuno può negare”, ma “sono certo che la possessività dipenda dall’incapacità della relazione affettiva”. Alla Corte l’ultima parola.

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