La ex compagna: "Vittime pagano carenza di educazione e pregiudizi". Il filosofo annuncia che farà appello
Leonardo Caffo condannato a quattro anni di reclusione. È la decisione del Tribunale di Milano nei confronti del filosofo 36enne, accusato di maltrattamenti e lesioni verso la ex compagna. Lei, palermitana, oggi 31enne, dopo la sentenza ha parlato di una “verità che per quasi due anni ho cercato di far emergere” affrontando “difficoltà, sia sul piano personale e legale che mediatico”.
Escluse due aggravanti
I giudici della quinta sezione penale (collegio Clemente-Natale-Bianchi) hanno escluso per Caffo due delle tre aggravanti contestate dalla Procura di Milano sui maltrattamenti fra il 2020-2022 e quella di aver provocato un “danno permanente” alla convivente nell’estate 2020 quando, secondo l’accusa iniziale, le avrebbe afferrato “violentemente la mano destra” e poi “contorcendogliela” avrebbe causato una fattura scomposta con prognosi superiore ai 60 giorni.
Alla ex un risarcimento di 35mila euro
Caffo, al centro nelle scorse settimane delle polemiche che hanno coinvolto anche la curatrice della Fiera della piccola e media editoria ‘Più libri più liberi’, Chiara Valerio, per l’invito – poi ritirato dall’organizzazione -, è stato condannato all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e al risarcimento del danno patrimoniale e non alla ex compagna, da liquidarsi in sede civile e con una provvisionale di 35mila euro oltre alle spese processuali.
Le accuse
In particolare l’intellettuale siciliano, trasferito a Torino, è stato accusato per la “sistematica e continuativa attività di prevaricazione” nella coppia dove sarebbero volate offese “raccapriccianti e umilianti” rivolte alla donna, fino a farle perdere “la propria dignità” e invitandola in più occasioni a uccidersi per non essere riuscita “a fare nulla nella vita”. Ci sarebbero stati pesanti insulti, percosse e violenze fisiche tali da allarmare i vicini di casa, comportamenti di “controllo ossessivo e maniacale”, minacce “con frequenza settimanale”, lanci di oggetti.
Episodi che secondo le pm che si sono succedute nel processo – prima la sostituta Francesca Gentilini e poi Milda Milli che a ottobre aveva chiesto la condanna a quattro anni e mezzo e martedì è stata sostituita in aula dal pm Giovanni Tarzia – sarebbero sfociati nelle lesioni dell’estate 2020.
Caffo annuncia appello
Il filosofo e saggista, noto per le sue teorie sull’antispecismo, presente alla lettura del dispositivo con i suoi legali Filippo Corbetta e Romana Perin, annuncia “appello” per “raccontare una verità diversa” da quella della sentenza di primo grado le cui motivazioni saranno depositate in 90 giorni. L’uomo ha sempre riconosciuto complicazioni e tensioni nel rapporto di coppia, ma a processo ha negato ogni accusa di violenza. Ha sostenuto, anche nelle chat poi depositate dai suoi difensori in cui parla con il padre della ex compagna, che la ragazza dicesse “delle bugie” e di essere “molto preoccupato” perché lo “voleva allontanare da casa e che si separassero”.
Caffo condannato: “Sono stato colpito, speriamo che adesso ne educhino altri mille”
“Spero ancora che non ci sia violenza nei confronti delle donne e non vedo nessuna ragione per contestare una battaglia così sacrosanta – dice Caffo uscendo dal palazzo di giustizia dopo il verdetto – Va bene colpirne uno per educarne mille: io sono stato colpito, speriamo che adesso educhino anche gli altri mille”.
La ex compagna: “Vittime pagano carenza di educazione e pregiudizi”
“Chiunque denuncia una situazione simile si scontra con un sistema che troppo spesso manca di strumenti adeguati per supportare le vittime“, dichiara invece l’ex compagna del filosofo parlando di una condanna che tocca solo la “superficie di un problema più ampio e radicato”. “Le vittime di violenza continuano a pagare il prezzo di una profonda carenza nell’educazione sentimentale e di una cultura ancora permeata di pregiudizi”.
“La giustizia c’è e funziona – afferma la legale che ha assistito la donna come parte civile nel processo, avvocata Elena Cinzia Tomayer -. Questa sentenza ci dice che le donne devono denunciare perché non c’è differenza di etnia, non c’è differenza cultura, non c’è nulla, la giustizia funziona. Ci vuole il suo tempo, ma con prove oggettive si arriva a un punto”.
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