La testimonianza di Paola Deffendi in aula nel processo contro gli 007 egiziani per tortura e omicidio
“Quando portammo in corpo di Giulio in Italia, lo vidi per la prima volta, solo il profilo frontale, sul tavolo dell’obitorio al policlinico Umberto I di Roma. In quel momento pensai ed esclamai ‘Ma cosa ti hanno fatto?'”. Così Paola Deffendi, la madre di Giulio Regeni davanti ai giudici della prima corte d’Assise di Roma. Nell’aula bunker di Rebibbia è in corso la sua testimonianza nell’udienza del processo per il sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio, assassinato al Cairo, in Egitto, dove sono imputati il generale Tariq Sabir e gli ufficiali Athar Kamal, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdel Sharif: tutti 007 del governo egiziano. La mamma di Giulio, rispondendo alla domande del pm Sergio Colaiocco, ha aggiunto: “Davanti al cadavere di Giulio, dissi: ‘Eri andato in Egitto pieno di passione ed ecco cosa ti hanno fatto’. Poi ha precisato: “In quel momento vidi tuta la brutalità utilizzata su di lui”.
Una suora mi disse ‘suo figlio è un martire’
“Mi mostrarono in ospedale” – a Il Cairo in Egitto, un sacco bianco con dentro il ghiaccio e un corpo. Non vollero mostrarmi nemmeno i piedi”. Una suora dell’Istituto Don Bosco, mi disse: ‘Lo sa che suo figlio è un martire?”, ha aggiunto la donna che ha poi parlato degli interessi e delle passioni del figlio ricercatore. “Mamma dall’altra parte cosa c’era all’epoca dei cavalieri? Era la domanda che già mio figlio mi poneva da bambino. La passione per il mondo arabo, nacque in Giulio dopo un viaggio che facemmo ad Istanbul. Lui amava le fiabe, non era un giovane a cui piaceva apparire, era sobrio anche nell’abbigliamento”, ha spiegato la mamma di Giulio che ha poi aggiunto: “Ci teneva ad esprimere un certo modo di vivere, ispirato sempre alla sobrietà. L’incrocio tra la passione e lavoro si verificò quando vinse la borsa di studio ed a 17 anni e mezzo è andato a finire le scuole superiori nel New Messico, negli Stati Uniti”.
La madre, ricordando l’inizio degli studi di Giulio, ha spiegato: “Successivamente andò a studiare in Inghilterra, e per Giulio cominciò il desiderio di costruirsi un curriculum utile a trovare una professione che lo motivasse. Ma nonostante studiasse all’estero manteneva comunque i rapporti con gli amici di Trieste e Fiumicello. Abbiamo capito dopo di quante persone aveva aiutato e si era impegnato per farlo. Con le ragazze aveva successo, rispettava il mondo femminile, una volta una insegnante delle scuole medie, quella di teatro, mi telefonò per complimentarsi perché Giulio aveva spiegato di quanto fosse importante che anche le donne fossero integrate nel mondo del lavoro”.
La vicinanza alla famiglia di Alberto Trentini
Paola Deffendi ha poi voluto esprimere solidarietà ad Alberto Trentini, l’uomo di 45 anni detenuto in Venezuela da due mesi dove si trovava in missione, a Caracas, per la Ong ‘Humanity& Inclusion’. L’attivista è stato fermato dalla polizia e da quel momento non si è saputo più nulla. “La nostra famiglia è vicina a quella di Alberto Trentini”, ha detto la madre di Regeni.
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